Attualità
Bisogna cambiare televisore?
Stefano Olivari 29/08/2024
Bisogna cambiare televisore? La risposta alla domanda del giorno, visto che il 28 agosto 2024 è iniziata la transizione verso il nuovo standard DVB-T2 per il digitale terrestre, è chiara: no, non bisogna cambiare televisore e i tempi in cui sarà obbligatorio farlo, o usare il vecchio apparecchio in abbinata con un decoder di nuova generazione, sono tutt’altro che chiari. Del resto il passaggio dall’analogico al digitale terrestre di prima generazione, inizialmente previsto per fine 2006, fu completato, nel senso di switch-off davvero in tutta Italia, nel 2012. In ogni caso i televisori acquistati da fine 2018 in avanti dovrebbero essere tutti già a posto. Abbiamo letto che il 64,8% delle famiglie italiane possiede almeno un televisore già a posto, nel senso del DVB-T2. E pensato che quindi il 35,2% non lo possiede: loro avranno sì bisogno di nuovi apparecchi o decoder, ma solo quando i canali principali smetteranno di essere in simulcast.
La Rai, obbligata a farlo per contratto, è già partita a trasmettere soltanto nel nuovo standard Rai Storia, Rai Scuola e Rai Radio 2 Visual, mentre gli altri canali viaggiano anche con il vecchio e quindi di fatto pochi utenti oggi come oggi riempiranno le piazze per protestare. Ma non si sa mai, perché in molti casi sarà come minimo necessario procedere ad una risintonizzazione, senza contare che in prospettiva (ma nessuno sa quando) circa 10 milioni di televisori in Italia andranno sostituiti o accompagnati da un decoder. Come è noto, la ragion d’essere di tutto questo sbattimento è la cessione della banda 700 mhz alla telefonia mobile, con un piano complessivo delle frequenze che è stato pensato per il DVB-T2 e non per il vecchio digitale.
Negli ultimi tempi, come anche i ciechi hanno visto, la situazione è stata tamponata dalle emittenti comprimendo il segnale, con immagini che infatti fanno schifo se paragonate anche soltanto a quelle di due anni fa ed imbarazzanti rispetto al satellite ed anche ai migliori streaming, ma adesso bisogna cambiare. Perché? Avete indovinato: perché ce lo chiede l’Europa. Come al solito non in maniera diretta, cioè stabilendo per legge che dobbiamo rottamare i televisori vecchi, ma costringendo gli stati a cedere alle grandi aziende di telecomunicazioni (lobbisti ne abbiamo?) circa un terzo delle frequenze finora usate. Non frequenze qualsiasi, dicono i competenti (non noi, che la prima volta in cui abbiamo sentito parlare di hertz fu con 10 Hertz, memorabile trasmissione condotta da Gianni Morandi), ma le migliori, quelle che più facilmente possono superare ostacoli fisici o di altro tipo.
Va detto che i vari governi di noi cresciuti con l’analogico e con l’antenna Cobra collegata al Brionvega Algol avrebbero potuto resistere all’Europa cattiva anche in un modo diverso dal costringere milioni di pensionati ad impazzire: cioè tagliando i canali con il machete, sia alle grandi aziende sia a quelle piccole. Delle centinaia di canali che riceviamo quelli non definibili spazzatura sono al massimo 50, con RAI e Mediaset che intasano le frequenze in maniera molesta come le televisioni dei cartomanti e delle immobiliari, con canalacci pieni di repliche dallo share infinitesimale. Il problema non è quindi cambiare televisore, tanto ormai i prezzi sono crollati, ma perché.
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