Caruso sul più 26

7 Ottobre 2024 di Oscar Eleni

Oscar Eleni tormentato dalle rane lamentose sotto le cascate di Tugela nel verde Natal dove provi a dimenticare tutto: la guerra, la finta pace, gli ostaggi, lo sport mangiato e mal digerito, il disgusto di dover commentare robaccia italiana senza un giocatore  della nostra scuola da maledire o festeggiare. Certo che non devono esistere frontiere, ma deve esistere l’orgoglio di saper preparare  giocatrici e giocatori da presentare ad un pubblico che forse sarebbe feliuce di applaudire chi arriva dal vivaio e non da un’agenzia di collocamento.

Siamo circondati da maghi sfigati che sembrano, però, anche soltanto sfortunati. A Milano sono in confusione non soltanto per aver riscoperto che nelle curve si annida il  male. Come dice il sindaco ai suoi, ci deve essere qualcosa nell’aria se sotto la Madonnina bivaccano pensatori che ogni due settimane cambiano parere mentre chi specula e corrompe fa sempre affari d’oro, per questo non cambia mai niente e chi vigila multa per un fiore, mai per un peccato visibile ad occhio nudo,  a meno che questo occhio non sia pagato per restare chiuso.

Rana malmostosa che fa capottare il taxi dei sentimenti e ti lega, con malattie varie, fuochi mai fatui, lontano dagli ultimi amici rimasti, urlando alla menomazione che non ti lascia arrivare fino all’ospedale dove Tony Cappellari combatte scoprendo il Covid e un cuore che ha dato fin troppo. Deve essere la punizione meritata in tempi dove il medico lo vedi soltanto via computer, pieno di ricette per medicine che non sembrano fatte apposta per migliorare il tuo stato d’animo e sai che non  basta curarsi con la grappa come faceva il nostro trevigian fuggiasco fortunatamente nato al Lamber e cresciuto all’Olimpia.

Se credi allo sport come cura per la mente vai a sbattere sulla prima mangrovia, se fingi competenza poi scopri dalle seconde voci che non hai mai capito niente. Cantilene per scoprire banalità, ripetizioni per ricordarti che forse quello che stai vedendo non è proprio quello che hai visto.

Nel bar del Cerutti Gino si tirano le patatine biologicamente salate, la stessa rissa di voci e parole da Trieste in giù. A Milano cercano la colonna infame, ma non sanno se portarci prima il Fonseca che pure ha vinto il derby o il Messina che ha lavato i panni nel Naviglio inquinato, ringraziando la difesa fantasma dei granatieri invisibili della Sassari inguaiata, e prova a spiegarci il flop di Monte Carlo, dopo quello di Trieste, come le secondi voci televisive, annunciando  alla citta e agli orbi che la sua Armani sembrava molle, sbagliata anche questa volta come se a costruirla e allenarla fosse stato il custode del Forum. Lasciamo perdere la Roma litigiosa che vorrebbe prendersela con gli americani al potere, preferendo mettere alla gogna chi deve dirigere giocatori che se la tirano in faccia.

Alle rane che non la smettono mai, come il tagliatore d’erba che si accanisce sulle foglie davanti al campetto verde artificiale che piace tanto anche se poi hanno tolto i canestri all’insaputa del comitato regionale che pure sarà stato informato dall’eterno Petrucci della campagna per difendere i campetti. Pazienza se non ci va più nessuno, non importa se ad insegnare adesso sono i manager che sanno trovare lavoro ed inventarsi futuri luminosi: se non vai bene a Trento ho un contratto meraviglioso per il campionato vietnamita.

Per distrarsi un po’, come direbbe Dalla, come ci ricorda elegantemente Bonaga ragionando sulla debolezza europea del nostro basket, della Virtus, dell’Armani scudettata, senza prendere sul serio i successi in tornei minori, per ritrovare armoniosi silenzi preferiamo trascurare le cronache del campionato “italiano” dove per trovarne uno cresciuto davvero qui devi avere molta pazienza. A Milano mentre scoprivano che Bortolani faceva anche canestro si sono accorti che anche il nazionale Caruso sarebbe nel gruppo. Sì, certo, molto in fondo se sul più 26 faceva ancora il contorsionista per ricordare all’allenatore che avrebbe sperato in una chiamata verso la sedia del cambio, poi arrivata sul più 22 a 7’53” dalla fine.

Misteri che  non sembrano turbare una Federazione al ricambio e una Lega tormentata dall’idea che con la televisione oggi guadagna ancora troppo poco, invidiando quelli della A2 perché la RAI ha deciso di mandare in diretta, non sempre, ogni 15 giorni, l’unico campionato dove sembra possano giocare i ragazzi allevati in queste contrade. Figurarsi se hanno tempo da perdere, stiamo parlando di chi comanda e allena quello che passa un convento dove si parla soltanto l’esperanto dei fondamentali perduti, del palleggio che non si chiude mai, dei blocchi che sembrano quasi sempre in movimento ad arbitri che non vedono l’ora di roteare le braccia per farci sapere che cercheranno la verità nel monitor a bordo campo. Tutti mezzi ben allenati dall’intelligenza artificiale anche se ci segnalano proteste e assalti alle cabine dove si nascondono, ad esempio, quelli del VAR calcistico che non vedono rigori evidenti persino nelle curve distratte dal mercato nero.

Prendere fiato come farebbe Pogacar mentre stacca tutti a 100, 50, 20 chilometri dal traguardo, domandandosi, ancora una volta, cosa mangiano questi sloveni dello sport. Forse  lo fanno bene, hanno una scuola che educa davvero. Sono in pochi, ma li trovi ovunque dalla grande atletica al grande basket, dalla bella pallavolo e forse anche nella rude pallanuoto, nello sci e nella ginnastica o pallamano. Miracoli senza avere la luminosità che ci ha dato tante medaglie a Parigi nel nome  e seguendo il verbo di Sport con la Salute, pazienza se quelli che stanno al CONI, diciamo il Malagò, sono convinti, magari hanno ragione, che il merito sia soltanto delle povere federazioni che chiedono elemosina di ore davanti a scuole quasi sempre chiuse.

Per aiutarli a capire, purtroppo, non possiamo più chiedere aiuto a Lea Pericoli che quando entrava nella nostra redazione al Giornale portava davvero il sole come diceva Carlo Grandini, come sapeva la Iside quando la convocava perché Montanelli non riusciva più a ritrovare il piacere di scrivere e mangiare noci con il sale, sapendo che sul tavolo della Bice c’era i suoi fagioli all’occhio. Depressione da vincere senza sapere se ne vale ancora la pena mentre al centro del globo i capitani malavitosi si scambiano bombe e proiettili. Meglio ricordare una grande donna e campionessa leggendo chi ha saputo  dipingerla come meritava cominciando da Gaia Piccardi con il suo Premiolino, complimenti, o Alessandra Giardini. Ecco, care rane lamentose, adesso che ci siamo liberati il naso come la bella Egonu appena operata, siamo pronti per pagelle che riassumono lo stato d’animo del mondo sotto il livello del mare dirigenziale e politico che ci governa.

10 Al BIANCHINI che nel Domenicale campaniano scrive una lettera al giocatore di basket che certo farebbe fatica a trovare nella Roma dove GILARDI ci ricorda ancora il tempo in cui quella scuola dava tantissimo, radici da Ferrero, Costanzo e Giancarlo Primo che andavano almeno difese. Ma in Federazione, devono pensare a tutti, non soltanto al legno dell’EUR o a quello che c’era in viale Tiziano. Ogni scusa vale  un voto? Come mi hanno ricordato dalla direzione, bisogna aggiungere anche i nomi di Asteo e Taurisano nato nella culla di fratel Brambilla e importante anche per il territorio del Lazio.

9 Al MUTOMBO che ha lasciato davvero un grande ricordo non soltanto nel basket NBA. Era straordinario in campo, era splendido fuori quando cercava ancora di aiutare la gente meno fortunata.

8 Al CORDINIER che  embra avere ancora le stesse energie del torneo olimpico per aiutare BANCHI a non prendersela se la sua Virtus ha troppi esterni e pochi lunghi, se i peccati  di ieri sono quelli di oggi mentre i maliziosi vedono mancanza di dialogo persino fra gli ufficiali pagatori se Zanetti gira le spalle a tutti.

7 Al GALBIATI che sembra aver portato nel progetto TRENTO, nella società che in tanti dovrebbero imitare, quella energia che permette ad un gruppo con talento medio di battersi ad ogni livello persino in Europa.

6 A POETA e CHRISTIAN, il verbo per BRESCIA  e TRIESTE, che stanno cavalcando bene cavallini a cui non si deve chiedere troppo, ma che, per fortuna, animano piazze dove la passione cresce o ritorna.

5 Al presidente ANTONINI,  da dieci e lode per come va la sua TRAPANI, per aver scelto REPESA, perché quando dice che anche Armani e VIRTUS hanno dei difetti mette il dito in una piaga e questo disturba chi pensava di avere vita  diversa fuori dalle mischie di Eurolega.

4 A MONACO e EFES perché ci hanno dato l’idea di essere su pianeti diversi rispetto alle regine del famoso basket italiano da vendere su qualsiasi bancarella. Differenza fisica e anche tecnica. Il tormento è che ce ne siano almeno 10 superiori sul piano fisico e tecnico. Ci piacerebbe sbagliare.

3 A VARESE che butta via un primo tempo oltre i 50 punti scoprendo che il più 30 di Mannion servirà a lui per nuovi contratti, ma non certo alla squadra di Scola per staccarsi dal fondo del gruppo.

2 Alla NAPOLI perduta dopo la Coppa Italia vinta a Torino dove rischia di non poter andare per difendere il trofeo che, come dicono, resta per la platea al momento tormentata da una squadra che in A2 le prende spesso.

1 Alla VENEZIA finita nel canale,  senza difesa e senza fortuna visti i tanti infortuni. Speriamo che la società resista seguendo la fatica di un allenatore a cui  va data fiducia anche in un momento dove anche il cuore non basta più come  a Trento.

0 Alle EDICOLE chiuse dove non possiamo nemmeno protestare perché il basket propone al massimo un mensile, nascondendo nell’una tantum testate storiche come GIGANTI o SUPERBASKET, costretti ad accettare il sacrificio RAI almeno per la A2, una bella cosa, impotenti davanti al potere dei nuovi mezzi anche se sognamo sempre che le belle idee dei nostri direttori possano stimolare la nascita di qualcosa che si possa leggere  e conservare.

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