Feltri o ciclisti?

27 Settembre 2024 di Stefano Olivari

Vittorio Feltri o i ciclisti investiti? Non siamo impazziti nel proporre un Di qua o di là da 100 a 0, anzi in questo caso da 0 a 100, ma volevamo partire dalla battuta greve di uno dei giornalisti più ricchi (soltanto Scalfari e Panerai hanno guadagnato più di lui, però trasformandosi in editori) e famosi d’Italia, ormai cinicamente usato da ‘colleghi’ che aspirano ai 15 secondi di notorietà, per analizzare un fenomeno curioso. Cioè l’antipatia diffusa che soprattutto nelle città c’è nei confronti dei ciclisti e non, come vorrebbe la logica, nei confronti degli automobilisti e dei camionisti che li ammazzano, o di altre categorie, dai motociclisti a chi va in monopattino.

“I ciclisti mi piacciono soltanto se investiti”, ha detto il direttore editoriale del Giornale, oltre che consigliere regionale per Fratelli d’Italia, a un evento su Milano smart city (la parte davvero umoristica è questa), in mezzo a battute alla Feltri su altri temi, battute fatte apposta per stimolare reazioni pavloviane. Ma dietro a ogni battuta, anche le meno divertenti e riuscite, c’è come minimo un luogo comune. Che è, appunto, quello che i ciclisti sono antipatici. Perché la battuta può non piacere, ma se uno intelligente e furbo come Feltri l’ha fatta è perché pensava di intercettare un sentimento almeno in parte diffuso.

Perché quindi i ciclisti sarebbero antipatici a molti? Proponiamo la nostra risposta neutrale, perché in città non siamo né automobilisti né ciclisti. Risposta che in realtà è divisa in tre risposte. Chi va in bici è prima di tutto antipatico all’automobilista becero, quasi sempre uomo, che considera l’auto la proiezione della sua mascolinità (del suo cazzo, in sintesi). Chi va in bici nelle città è antipatico anche a molti motociclisti e pedoni perché ha una propensione maggiore di altri a non rispettare semafori e segnaletica, per non parlare della circolazione sui marciapiedi. Motociclista medio meglio, come atteggiamento, del ciclista medio.

La terza subrisposta è prettamente politica. Nelle città, più che nei paesi dove la bici è socioeconomicamente trasversale, l’uso di questo mezzo di proprietà o in sharing è nell’immaginario collettivo quasi monopolio di alcune tipologie umane ben precise: fighetti del centro che vivono la città nel raggio di un chilometro, ambientalisti anche di periferia con il ditino alzato, bobo di varie zone che hanno rinunciato all’auto e risolvono tutto con le app. Essendo questi gli elettori tipici del PD, insieme a dipendenti pubblici e pensionati retributivi, è chiaro il senso politico della battuta di Feltri, anche se molti antipatizzanti dei ciclisti sono di sinistra, per lo meno di una sinistra operaia che nelle città non esiste quasi più. Feltri o ciclisti?

stefano@indiscreto.net 

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