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Finti giovani contro pop di Allevi

Stefano Olivari 31/07/2015

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Nel tempio consacrato al cazzeggio colto, sotto attacco hacker a causa delle sue coraggiose prese di posizione, non poteva mancare un post dedicato all’inno della serie A. Composto da Giovanni Allevi ed entrato nel mirino delle vestali della presunta vera musica, con mobilitazione dell’orrido ‘popolo della rete’ o peggio ancora del ‘mondo dei social’. Prese in giro, insulti, pare anche una minaccia di morte per un inno che in fondo può piacere o non piacere, senza troppe seghe mentali o bisogno di mandare messaggi al mondo. A noi in positivo evoca situazioni da premiazione olimpica e in misura minore da Champions League, in negativo oltre a un vago già sentito, un’orchestrazione un po’ da Europa (qui il vero cazzeggiatore colto parlerebbe di Film Blu di Kieslowski, ma noi l’abbiamo guardato soltanto per Juliette Binoche) istituzionale e germanocentrica, che comunque (come è noto Indiscreto ha una linea) è sempre meglio che maghrebcentrica. La vera curiosità non è musicale, ma verte sul perché la Lega di Unicredit-Beretta in mezzo ai tanti problemi (non ultimi quattro squadre di troppo e diverse società con strani assetti proprietari) abbia all’improvviso voluto un suo inno, da Champions League dei poveri.

Perché l’idea è quella che le note di Allevi risuonino negli stadi all’entrata in campo delle squadre, proprio come in Champions, non è ancora chiaro se prima o dopo l’inno della squadra di casa. Preziosi voleva migliorare la sua immagine? De Laurentiis pensava di rendere più appetibili i diritti per l’estero? Mister Bee voleva festeggiare il closing? Forse parliamo dello stesso bisogno che aveva sentito Maroni per un inno della Lombardia, composto nientemeno che da Mogol-Lavezzi e rimasto clandestino. Quanto alle parole di ‘O generosa!’ (non è napoletano, le versioni disponibili sono in latino e in inglese), Allevi le ha spiegate così: “È l’invocazione di una forza nobile e pura, quella del campione di una disciplina sportiva. La nobiltà d’animo può però riferirsi anche ad ogni aspetto dell’agire umano, assumendo valore universale.

Non dobbiamo rinunciare a tendere ad un ideale di purezza interiore ed onestà, come il kantiano principio regolativo della massima realizzazione di sé. Essere vincitore, dunque, non è solo l’esito di una competizione sportiva, ma significa essere campioni nella vita e nel cuore”. Un buon proposito, ci sembra, anche se poi alla fine conta solo il mi piace-non piace. Certo è che le novità, anche novità ad impatto zero come questa, scatenano il radicalissimo lato conservatore e reazionario che oggi risiede soprattutto nei giovani.

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