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Fiorella Mannoia, ritorno da Combattente
Paolo Morati 07/11/2016
Dublino, luglio 1992. Siamo in macchina con alcuni amici e nell’autoradio sta girando il nastro dell’album I treni a vapore di Fiorella Mannoia. Alle prime note de Il cielo d’Irlanda si innesca una festa di suoni familiari per i compagni di viaggio gaelici, che incuriositi ci chiedono di questa cantante. Morale della favola: alla fine del viaggio gli regaliamo la cassetta per poi scoprire che continuerà a essere ascoltata negli anni a venire nonostante l’idioma a loro incomprensibile. All’epoca la rossa dal passato da stuntgirl aveva già alle spalle oltre vent’anni di musica con i primi successi arrivati dopo una decade di gavetta, con quella Caffè nero bollente del 1981 che attirò l’attenzione per un’interpretazione grintosa e un testo per certi versi sopra le righe in cui si individuava una certa dose di malizia in quel “io non ho bisogno delle tue mani, mi basto sola”. Poi una serie di buone prove nella migliore tradizione del pop italiano e l’incontro fatidico con Enrico Ruggeri (Quello che le donne non dicono) e Ivano Fossati (Le notti di maggio), probabilmente i due autori più importanti negli anni della consacrazione da parte della critica che conta.
Da allora Fiorella Mannoia ha infatti sostanzialmente guadagnato il titolo di grande interprete del panorama canoro italiano, difficile da sentir criticare negativamente, impegnata anche sul fronte sociale e per questo con buone probabilità di subire processi alle intenzioni. Non conoscendola come persona, in questa occasione ci limitiamo a parlarne solo in veste artistica concentrandoci sul nuovo album appena pubblicato. Intitolato Combattente (e già questo è in manifesto programmatico, per non parlare della copertina di stampo ’marziale’ ma con simboli di pace), lo abbiamo approcciato con un po’ di diffidenza, essendoci da tempo allontanati dalla sua musica, non avendo ritrovato dopo Gente comune del 1994, che conteneva il dramma de L’altra madre, quella potenza espressiva che spesso era stata capace di esprimere con la sua voce pulita da contralto.
Sentendoci un po’ colpevoli abbiamo quindi premuto sul rewind, andando far riemergere la memoria dei precedenti album di inediti, e l’osannata interpretazione di Sally di Vasco Rossi che a tutt’oggi non riusciamo però ancora a digerire pienamente. Nella realtà si tratta di album curati, Sud è superiore a quanto ce lo ricordavamo, alcuni però più ostici di altri e fuori dalle corde che le riteniamo più adatte (un esempio su tutti Onda tropicale). Sì, perché per noi Fiorella Mannoia è una grande interprete di musica leggera (Come si cambia) condita di elementi poetici (Lunaspina e Tutti cercano qualcosa, probabilmente la sua vetta interpretativa del periodo) e grintosi (la già citata Caffè nero bollente). Ed è per questo che, riconoscendole la capacità di farsi sentire anche dalla ‘generazione Amici’ non disdegnandone del resto la frequentazione, l’ascolto di Combattente ci ha sorpresi con favore partendo proprio dalla title track così spontanea nel canto, segnando una sorta di ritorno al giusto mix che ci aveva conquistati, senza porsi con quell’aria del ‘sentite come sono brava’ che troppe volte, magari inconsapevolmente, aveva fatto trasparire. Migliori brani di un insieme centrato che annovera un nutrito gruppo di autori (Ivano Fossati, Fabrizio Moro, Giuliano Sangiorgi, Federica Abbate, Amara, Cheope, Bungaro e Cesare Chiodo), anche Siamo ancora qui, elettronico e leggero il giusto senza esagerare, e Anima di neve. E la chicca finale di La terra da lontano, a chiudere un lavoro ben fatto e soprattutto lontano dalla modà urlaiola dei tempi attuali.