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Anni Novanta

Gli anni della Mediolanum

Indiscreto 02/12/2020

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Il 2 dicembre del 1990, 30 anni fa, la Mediolanum Gonzaga diventava campione del mondo di volley per club battendo in un Palatrussardi strapieno (c’eravamo, era ancora l’epoca del generalismo sportivo) l’ottimo Banespa San Paolo di Mauricio, Negrão e Tande in poco più di un’ora: tre set (15-8, 15-10, 15-7) e trionfo per la squadra di Zorzi, Lucchetta, Galli, Dvorak, Bertoli, Cvrtlik in una manifestazione dal nome roboante ma che contava meno della formidabile Serie A dell’epoca: del resto su 8 partecipanti ben 4 (Milano, Parma, Ravenna e Modena) erano italiane. E non c’è bisogno di ricordare cosa fosse la Nazionale di Velasco in quegli anni.

Questa ricorrenza è solo un pretesto per ricordare la polisportiva Mediolanum, che sul finire degli anni Ottanta Berlusconi volle costruire per fare del Milan qualcosa di simile al Real Madrid e al Barcellona, senza però fare i conti con la monocultura calcistica italiana che tranne qualche eccezione trascurò i tanti campioni presi per i Devils di hockey su ghiaccio, l’Amatori di rugby e il baseball, con l’acquisto dell’Olimpia di pallacanestro dai Gabetti che finì con un contratto stracciato poco dopo la firma. Entrato Berlusconi in politica, si tenne soltanto il Milan e lasciò il resto al suo destino di ridimensionamenti e fallimenti.

Ma tornando a quella squadra di volley, che nonostante gli investimenti non avrebbe mai vinto lo scudetto,  bisogna ricordare che era sì una realtà artificiale ma che formalmente si trattava del Gonzaga, acquistato due anni prima da Berlusconi, che poi per giocare la A1 aveva preso i diritti di Mantova. Perché non conquistò mai i milanesi, nemmeno quelli milanisti? I colori erano in fondo rossoneri ed il legame con il Milan sempre evidenziato. Eppure per avere le tribune non vuote ad ogni partita venivano regalati migliaia di biglietti… Risposta parzialissima: nelle città con squadre di calcio forti è difficile che l’identificazioni scatti con altri sport, che di solito hanno un pubblico di appassionati più che di tifosi. O forse in tanti avevano capito, non che ci volesse molto, che l’improvvisato amore di Berlusconi per pallavolo e baseball era funzionale ad altro.

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