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Animali

Grumpy Cat, segreti di un gatto di successo

Biro 09/12/2014

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Quelle poche persone che ancora leggono i giornali (io e il direttore di Indiscreto ancora lo facciamo) o che seguono i telegiornali, abili riciclatori del lavoro dei ‘colleghi della carta stampata’, conosceranno già la storia di Grumpy Cat, il gatto che ha fatto diventare milionaria in dollari Tabatha Bundesen, grazie al web e al suo intuito imprenditoriale. Non starò a riciclarla io, che in fin dei conti sono un gatto. Quello che non è chiaro è come mai un micio con l’espressione perennemente arrabbiata (ma almeno tre quarti dei gatti sono così, a prescindere dalle razze) sia riuscito a sfondare in un mercato presidiato da colossi dell’entertainment, che sui sentimenti ispirati dagli animali (e sulla loro antropomorfizzazione) campano da decenni. Dopo avere visto video e seguito qualche ‘intervista’ all’incolpevole collega, azzardo una mia teoria ed evito la lagna sugli animali sfruttati: se il direttore fosse ricco grazie a me, sarei solo contento. Invece non è capace, o non si applica (il risultato è lo stesso). Se invece cambiasse passo, invece delle pur pregevoli scatolette della Monge o della Schesir avrei a mia disposizione servi che cucinerebbero piatti caldi (mai servire ad un gatto cibo sotto i 35 gradi) ad ogni mia richiesta.

1) Questo gatto, che in realtà è una gatta (ha dieci anni meno di me, essendo del 2012) non fa niente di particolare, dal punto di vista del movimento, già così si distingue dai milioni di altri gatti che popolano You Tube e i social network. Sta solo ferma, con la faccia incazzata, reagendo pochissimo a qualsiasi stimolo che ricordi il DNA predatorio e zero a quelli cretini e basta.

2) Grumpy è una specie di fumetto vivente, un’immagine a cui vengono associati pensieri umani secondo il classicissimo meccanismo teatrale del ‘fool’, che non vuol dire letteralmente ‘stupido’. L’autore non può dire certe cose in prima persona e allora si inventa una figura che goda di immunità nei confronti delle critiche, per vari motivi: pazzia, bruttezza, originalità, appartenenza a un altro genere.

3) Nonostante a leggere gli articoli tutto sembri una botta di culo di una ingenua ragazza dell’Arizona, dal punto di vista del marketing non è stato sbagliato un colpo. La genuina ‘Grumpy’ è seguita da un manager, lo stesso che segue altri fenomeni nati dal web e diventati famosissimi grazie alle condivisioni di fancazzisti come il direttore.

4) Come per gli esseri umani, la differenza fra il successo e l’anonimato dipende dal toccare certe corde del pubblico nel momento giusto. Se nel 2014 partecipassero a XFactor i Take That diventerebbero i Take That?

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