Basket
Il discorso di Obradovic
Oscar Eleni 18/11/2019
Oscar Eleni in barca con il panda che non vuole tornare in Cina, cercando nell’acqua di rame del lago di Coniston, Cumbria britannica, da dove vedi un pezzo del vallo di Adriano, le rondini e le amazzoni che un tempo ispirarono un bel libro per bambini. Voglia di tenerezza adesso che abbiamo scoperto che l’Italia ama almeno una cosa legale: l’ora.
Voglia di sprofondare nel lago della signora assassinata ora che ci è passato il bruciore per una gomitata del caro caporedattore Franco Imbastaro quando gli proponemmo come titolo per una riunione di atletica nella capitale dove lanciava Simeon: Roma non fa la stupida coi discoboli. Bocciato, con insulti da vecchio rugbista.
Adesso glielo posso dire: ero all’avanguardia se oggi, nel 2019, in prima pagina sulla Gazza è apparso il titolo “La pirlata” riferendosi al cozzo dei piloti Ferrari dispettosi come scimmie. Ci siamo, il vallo del buon gusto è stato superato anche nella vecchia bibbia, come del resto nelle chiassate televisive, nel cinema più arrogante. Sarà questo il motivo per cui nel basket, ad esempio, questa sembra la stagione per lanciare pomodori, anche di serra, a chi era re fra retine dorate.
Nell’odiosa NBA dove cantano galli da 40 punti, gente che fa tutto da sola, cominciando da Harden per Houston e il Mike D’Antoni che una volta, da noi, amava l’armonia di gruppo, stanno cadendo insieme, come al mondiale, Steve Kerr e Gregg Popovich che si fa pure espellere non soltanto per capire se Tim Duncan potrà essere il suo erede, cosa che tutti noi sognavamo invece per Ettore Messina che si sta mangiando il fegato nella Milano che ha il recupero lento.
In eurolega, dove a parte certi arbitraggi, si marcia alla grande, fa sensazione la caduta del Fenerbahce di Obradovic, ma certo fa ancora più effetto quel minuto di sospensione davanti ai pochissimi di Mosca, mai oltre i 6000, dove l’allenatore dei grandi di Istanbul, il più vincente nel regno ULEB, ha detto a tutti di andare a farsi fottere, durissimo soprattutto con Gigi Datome. Ora a Golden State contano i feriti, a San Antonio l’anno dispari, ad Istanbul, come del resto ad Atene, la mancanza, forse, della liquidità di una volta, se davvero anche da loro devi aspettare un po’ per lo stipendio.
Che dire poi di quello che sta accadendo in Italia dove l’unica a cavarsela sempre, camminando sul precipizio come piace agli artisti di Sasha Djordjevic, è la Virtus che ora è l’unica imbattuta nei grandi campionati dopo la sconfitta del Real a Bilbao pagando le tossine di uno strano faccia a faccia col Barcellona? Stranezze nel regno del freddo, del troppo presto.
Certo si fa confusione se uno guarda il nostro basket, mentre un brivido ci prende la schiena mentre Larissa Iapichino viene mandata alla ribalta TV, con la supermamma Fiona, babbo mai ricordato eppure anche lui buon astista, per una esagerata esposizione mediatica, pericolosissima, in un mondo dove tutto appare stranamente molto bello, salvo poi leggere critiche devastanti per gli stessi film o libri esaltati da Fazio, immaginiamo per contratto. Lasciamo a Larissa lo spazio che merita, ma l’atletica è crudele e non ci vuole niente a vedere un muro dove ieri era tutta discesa.
Un po’ come l’Armani che sfugge di mano ad Ettore Messina in un campionato che farà squittire i venditori di fumo, i bordocampisti col frac, un torneo dove le neopromosse Fortitudo Bologna, Roma e Treviso vanno sottobraccio, chi con i millionarios di re Giorgio, o con i campioni d’Italia della Reyer. Acque torbide se chi vedeva soltanto bellezza nel recinto del Forum adesso stanga pure il generale presidente, rinfacciandogli persino l’uso limitato, certo un mistero, pensando agli spazi per belle gioie sempre fremebonde, di Christian Burns il cinghialone, che non sarà un genio sul campo, ma ci mette sempre il cuore, anche se spinge tutto quello che vede intorno.
Non dare tempo a Messina, non dare fiducia a De Raffaele sarebbe come credere alle scuse per chi ha lasciato rovinare tutto, da Venezia alle montagne benedette, prendendosela ora col destino se tutto frana, i fiumi tracimano. A Milano il Seveso esce sempre, ma ci dicono che stanno lavorando. Allora prendiamola così anche nel basket, mentre Pistoia ha preso per il collo Trieste mettendo in ansia pure Cantù. L’ultimo turno ci ha detto che persino Pesaro, sempre a zero, con un uomo in più potrebbe far soffrire tanti e lo si è capito a Roma con la neopromossa di Bucchi, mentre Toti pregava a bordo campo, che stava per farsi impallinare dalla squadra di Perego, risvegliandosi in tempo per andare a cena con Milano, Fortitudo e Brescia a quota 10.
Valli a capire vecchi e nuovi generali, aspettando di sapere come andrà a finire la dieci giorni dell’orrore di Milano che dovrà trovare ispirazione da Meneghin per battere il Maccabi e poi piegare l’Efes che al momento è gloria di Turchia. Certo Super Dino dovrebbe ispirare come ha fatto Kobe Bryant a Los Angeles con i Lakers e LeBron James, ma questa Milano non sa ancora chi è davvero, forse Messina stesso ora si manderebbe via per chi ha preso, non per come allena.
Pazienza e se il coro del pala Dozza, quello antico, “Messina piangi un po’”, andava forse bene in passato, adesso bisogna dire che lui almeno sulla barricata ci va e non lascia che siano altri e prendere in faccia quello che meriterebbero. Sulla storia delle partite ravvicinate per chi ha recuperi faticosi non capiamo: era già scritto, è scritto da sempre. Attenti ragazzi glamour di non fare la fine di Insigne che da idolo a Napoli ora sta sulla carta igienica degli ingrati per aver fatto il Masaniello in salsa rosa.
Le pagelle da centellinate sul lago color del rame.
10 A PEA (giornalista), SPISSU (giocatore italiano), VAZZOLER (alla carriera), ZANETTI (luce Virtus) per essere entrati nella grande famiglia del premio REVERBERI, invenzione dell’ex arbitro Sidoli che ci ricorda un basket dove si litigava in letizia, per amore del gioco, dello stare insieme. Premi che contano e spesso fanno giustizia.
9 Ad Antimo MARTINO per il suo capolavoro contro l’Armani, certo il Sims che ricorda Leonard, al Sani pronto ad uscire con una riedizione di Più sangue Larry che ci sorprenderà più della prima, dovrebbe esaltare i soliti noti, infelici per aver fatto un “favore” alla Virtus.
8 MENETTI e BUCCHI bella coppia per far andare fuori di testa chi pensava di averli mandati nel limbo. Sono bravi, sanno cosa cercano, Treviso e Roma ci stanno bene ai piani alti.
7 Alla DINAMO SASSARI del Poz e di Spissu, ma soprattutto di Sardara, siamo convinti di non aver ancora avuto il meglio. Attenti ai mori.
6 Innamorarsi di gente come DJORDJEVIC è facile perché il suo modo di andare in battaglia, cervello, cultura e cuore è una certezza, certo Teodosic conta, e ora sarà anche più sereno visto che la Serbia ha scelto per sostituirlo un grande come il Kokoskov, campione con la Slovenia e trattato con i piedi dalla NBA.
5 A TRIESTE che si incarta quando aveva in mano la capolista imbattuta. Non è facile vedere rosa quando i giocatori prendono a calci troppe volte il secchio. Dispiace per Dalmasson.
4 A TRENTO che proprio non riesce ad avere fortuna e con l’incidente di Craft si trova in zona valanghe anche se Trainotti pensa che Ale Gentile possa diventare la luce nella tormenta. Vedremo.
3 Ai SUPERFICIALI che vedono una Cremona risanata, anche senza Diener. Per fortuna Sacchetti sa riconoscere le bufale, così come non abbocca quando qualcuno vorrebbe fargli credere di essere stato un giocatore sacrificato.
2 Alla NAZIONALE che vede così lontano le stelle e dopo la scelta dei campi per il preolimpico ci sembra quasi spacciata perché Belgrado aiuterà la Serbia, Spalato la Croazia, Victoria il Canada e Kaunas la Lituania. Noi saremo figli di un dio minore anche se trovassimo nuovi fenomeni dove soltanto Trainotti può cercare.
1 Gli oltre 30000 spettatori dell’ultima giornata non sembrano interessare oltre il nostro piccolo giardino. La colpa sarà della spocchia, della poca voglia di fare come la Maionchi quando voleva una prima pagina per i suoi cantanti: tre giorni in anticamera fino a sfinire il direttore.
0 Ai GENITORI invadenti, i manager impiccioni, che certo si sentiranno ben rappresentati da quel tipo che, in una partita di minibasket a Varese, ha preso a pugni l’allenatore della squadra di suo figlio, perché chiedeva di rispettare gli arbitri. Poi ci stupiamo se la gente ulula. Ama il megafono più dei giocatori, gente che dovrebbe stare in rieducazione e non sule tribune.