Basket
Il gel sta finendo
Oscar Eleni 25/03/2013
Oscar Eleni sulla via del sale, dalla Romagna all’Himalaya per scoprire fabbriche perfette. Ben diverse da questo basket che spende, spande, vive seguendo la moda dei ganassa, che rinuncia a quelli veri nelle rivoluzioni, in società, in federazione, nelle Leghe, mandando via quelli che sanno lavorare. Quelli che amano il gioco, lo conoscono: uomini, regole, passioni, turbamenti. Quelli che riconoscono il profumo di un buono spogliatoio e si accorgono subito se i fiori di lavanda usati per nascondere l’aria nauseabonda delle squadre dove si sta insieme per caso, ben pagati e ben pasciuti, senza una motivazione, servono soltanto per ingannare chi paga.
Per questa insalata che strozza probabilmente in via definitiva Biella, lasciandoci davvero amareggiati perché perderla in serie A sembra non avere senso, useremo sale nero di Cipro, colore che arriva dal carbone vegetale, un nero delicato e non mercenario come troppi imbucati nel campionato che molti possono vincere e che la sola Olimpia vestita Emporio Armani non può perdere, ma lo si diceva anche per la Coppa Italia e loro, i ragazzi del coro. hanno perso pure quella.
Argilla nelle saline della Bretagna per regalarci sale grigio così adatto ai dopo gara di don Sergio Scariolo. Un allenatore famoso, vincente, forse esausto, forse troppo appagato e compiaciuto dei suoi gel, che ancora ci addormenta con la cantilena su allenamenti stupendi, misteriosi ma stupendi, che non sono mai lo specchio della prestazione in gara, fa venire il latte alle ginocchia. Lo sanno tutti i vincitori di pupazzi al tiro a segno nelle fiere che un conto è sparare per divertimento, un altro per vivere o mangiare. Gli allenamenti friggono dove c’è battaglia, quando viene abolito il piumino e volano anche schiaffoni. In quel modo capisci come reagisce la gente sotto pressione. Va bene. Cremona e Montegranaro non erano avversarie che potessero entusiasmare i “campioni” del trio ganassa. Loro, almeno loro, sono convinti di essere uomini da grandi palcoscenici, da finale scritta molto prima, ma il fuoco di una squadra vera si vede proprio quando arrivi al limite della figura “faccia di bronzo” come dicevano sul set del film Boris.
Lo sanno tutti che ai tempi del dominio della vera e grande Milano, quella di Rubini, quella di Peterson, era più divertente vedere allenamenti all’arma bianca di partite con scarti enormi. Sanno tutti che ai tempi della Varese regina, prima del professor Nikolic e poi di Gamba, la parte più entusiasmante era quella del lavoro in palestra, certo diverso da quello dei mattocchi di Recalcati che vinsero la stella, ma quella era un’edizione speciale di squadra messa nelle mani di un generale che sapeva sussurrare ai cavalli, armonizzando il furore di Andrea Meneghin e Vescovi a quello assolutamente incontrollabile del Pozzecco che ci sta facendo mangiare brustulli con sale blu di Persia per questa cavalcata con Capo d’Orlando che va oltre il carramba che sorpresa come ai tempi del Dadone Lombardi che in gloria sul campo non sapeva davvero cosa fosse il concetto difesa e squadra e poi nella vita da allenatore era diventato un fanatico del gruppo, delle difese astruse.
Tutto il contrario del D’Antoni che in California cinguetta proprio come Scariolo quando si fa domande sulla mentalità di squadre che non difendono, non si aiutano proprio, mangiano tanto, incassano tanto, ma poi si consolano coi pasticcini dell’allenamento. I Lakers fanno pena e pure l’Empoprio Armani anche se dovesse vincere lo scudetto da 20 milioni di euro per consunzione degli avversari nella tonnara dei play off demenziali al meglio di sette partite. Anche la Siena dell’ossessionante Pianigiani esacampione quando si allenava era spettacolo. Prendere fischi per fiaschi non è difetto soltanto degli arbitri, grazie designatori di averci fatto vedere Sahin in TV da Reggio Emilia e pure voi vi sarete accorti della differenza di stile con i compagni di terziglio che pure hanno lavorato benino in una partita difficile, soffocante.
Scariolo ci parla con occhi incantati delle vittorie su Roma, senza Datome, hai detto un prospero, su Siena, con la squadra consumata dall’eurolega, dal nuovo clima intorno al Monte che ha fatto diventare meno ferree certe regole interne lasciando al buon cuore della movida fiorentina la restituzione dei mori santi bevitori, persino contro Venezia che aveva perso dopo 11 minuti Diawara, anche qui un uomo base per la strana squadra di Mazzon che pecca e festeggia con la stessa idea di grandezza. Lui dirà che Milano non era mai al completo. Ma dai.
Insomma, non saper leggere i cronometri è un difetto per chi guida squadre nate per vincere. Badate che non si minimizzano certi successi, ma bisogna leggere bene anche dentro certe sconfitte come dovrebbe fare Brindisi, caduta di nuovo nella terra di nessuno per arrivare ai play off, se deve cedere in casa contro la meraviglia ricreata da Pancotto ad Avellino quando in campo non vanno i due uomini della riscossa Lakovic e Ivanov. Misteri per sale alle erbe e al sesamo, segreti che nascondono soltanto quelli che hanno la pazienza per riconoscere i ritmi di una marea dentro la squadra che hanno messo insieme.
Notte eleniana dedicata al beverone per l’esame e all’esame sulla salute mentale di Cantù e Siena. I campioni danno proprio l’idea della squadra spremuta, sfinita. Sono andati anche a più 31, appena hanno chiesto alla loro mente di riposare un po’ è venuto fuori il quarto orribile, 2 punti in 8 minuti, 9 alla fine. C’era il pensiero Barcellona, ci sono tanti pensieri, c’è il blocco roccia dove noi terremmo sempre Ortner, c’è il gruppo degli apprendisti che sbanda, fa sbandare, da Eze a Rasic che, magari infila un canestro, ma perde palloni banali, 14 per Siena anche in una partita dominata per tre tempi, da Kangur al Carraretto che non si riprende più, per non parlare di Sanikidze perduto nel mare del voglio ma non posso.
Per Cantù è il momento delle grandi domande: partenza decorosa, ma poi sfascio.Il Custer Trinchieri voleva una risposta emotiva. Come il suo collega Scariolo ha passato tre tempi a chiedere in giro se quelli sul campo erano i suoi giocatori o fantasmini. Strano per uno che passa dall’aggressività dell’attore che vuol fare tutto in commedia allo ieratico figlio di Carmelo Bene: ironia e ghiaccioli. Il Mancinelli in quintetto base è una via sperimentale che, forse, darà frutti, dipende dal giocatore e da chi gli sta intorno. Brutta notte davvero per Aradori che nel piatto dove ha mangiato così bene ai tempi del Pianigiani, che lui sopportava poco, salvo poi trovare un accordo per la Nazionale, ha trovato soltanto rospi, uno 0 su 5 al tiro e meno 3 di valutazione. Meditare prima di incensare.
Ci sediamo a guardare il mare delle Hawaii da dove viene il sale rosso perché facciamo una gran fatica a capire come una prima in classifica, tipo Sassari, anche senza il metronomo Diener, vada a prendersi oltre 100 punti in casa di Cremona, così come sembra strano vedere Luca Vitali risalire tutti i gironi dell’inferno dove si era condannato da solo, per il gusto di andare nel girone dei presuntuosi, regalando alla Cremona di Gresta la salvezza anticipata con una partita da valutazione più 30. Sono solo cifre, ma contano se conosci il soggetto.
Prima della colonscopia maledetta che ti fa desiderare di non partecipare più a questo gioco che si chiama vita, proiezioni sim salabim che al momento fanno ragliare Milano a meno 4 da quando complilammo l’infelice tabella 2 settimane fa e che al momento incatena Biella alla seconda serie a 6 punti da Pesaro, Montegranaro e Caserta che contro Pesaro ha rovinato il capolavoro antiSiena che, comunque, vale molto di più come direbbe U Scariolo bey e il suo cincillà da tribuna che la gente non nomina per paura di trovarsi alla Cayenna.
Varese 48, Roma, Cantù, Sassari e Siena 40, Milano 36, Reggio Emilia 34,Venezia 30, Brindisi 28, Avellino 26, Cremona 22, Caserta,Bologna, Montegranaro , Pesaro20, Biella 14.
Pagelle sfizio con tartine speziate da sale esotico.
10 A Livio PROLI il magnifico perché nella tormenta armaniana post Montegranaro ha finalmente detto due cose giuste: Dovremmo cambiare tutti, io compreso. Eh sì. Se Scariolo si dimette ne prenderemo atto. Avete almeno riallertato Frates e messo sull’avviso Djordjevic? Ma conoscendolo non credo che lo faccia. E allora insieme fino ai playoff, sulle finali scudetto ci ragioneremo quando avremo visto i bolletini medici delle avversarie.
9 Al Fabio DI BELLA, con bambini della sua scuola al seguito, che fa diventare sublime l’ennesima impresa di Carlo Recalcati contro la “sua Milano” nel nome della canturinità che è diventata il suo abito da cerimonia. Capolavoro dentro il Forum dove anche le frange estreme, quelle che hanno sopportato di tutto e di più, quelle che non si sono mai evolute verso un tifo che fosse davvero speciale e moderno, hanno deciso di riportare Scariolo indietro di 11 anni quando era il popolo del Real a gridargli “Dimission” mentre Messina lo faceva a fette con la Kinder.
8 Al GRESTA muratore che fa tornare ai pennelli Luca Vitali, un Pinturicchio perduto nel mare della presunzione, salvando Cremona, calpestando i primi della classe dopo aver mangiato nella casa affittata dai ragazzi di Giò in Desio. Onore a lui, ma siamo convinti che anche la durezza di Caja avrebbe dato un risultato. Pareri. La realtà dice viva Gresta il viandante della vita.
7 Al LORANT ultima scoperta della Roma del Calvani Fabio Massimo Meridio, perché se porti a fare 8 assist un giocatore preso come comprimario stai dicendo ai naviganti che nel mare scudetto ci sarà anche l’Acea che domenica ci sarebbe piaciuto vedere in TV da Varese più di Avellino-Siena anche se bisogna riconoscere che i lupi potrebbero pure sbranare i campioni in carica consumati dall’euro in tutti i sensi.
6 Allo Zare MARKOSKI che non si è portato sulle saline pesaresi dopo la scena muta di Cantù ed è andato a prendere i punti salvezza anche camminando sull caviglia storta della pretattica di Stipcevic che in mano al dottor Minelli è risorto come sanno nella pallavolo e nel triathlon.
5 All’ABUSO DI TIRO DA TRE che ha fatto diventare troppe partite un noioso tiro a segno, che ha beatificato e dannato tanti giocatori e allenatori. Non si può spacciare per lavoro serio in palestra partitoni con percentuali mostruose da tre. Guardate il Pullen che aveva ridato fede alla Virtus, sul campo di Rona un bello 0 su 4, ma ce ne sono tanti che hanno sparato alla luna senza che gli allenatori aprissero il becco.
4 Al TOTI meravigliao che si gode la nuova Roma nata col saio, nel silenzio di viale Tiziano perchè a questo punto deve dirci subito, lui e la Lega, se i play off li vuol giocare nello stretto o nel largo dell’Eur. Vero che anche le altre, a parte Milano col Forum boario, hanno tribune ridotte per far passare alla storia il playoff demenziale sulle 7 partite, ma Roma è speciale anche se non vorremmo mai che i suoi campanellini perdessero la polvere magica dell’arena del core.
3 Alla LEGA dormiente che in una giornata senza calcio di serie A ha lasciato una diretta TV alla domenica sera. Chi governa deve accorgersi di tutto, marosi e marronate.
2 Alle CLOACHE di marzo che per Milano arrivano sempre verso il 24: ai tempi d’oro perdendo contro Cantù la coppa sul campo di Grenoble, ai giorni nostri facendosi ridicolizzare da una squadra che, forse, non si iscriverà al prossimo campionato. Storie e uomini diversi, ma la luna nera era probabilmente la stessa, anche se gli attori sembravano davvero diversi: uomini e ominicchi come forse riuscirebbe a dire anche il ruffiano che pensa sempre di avere davanti gente corruttibile come lui.
1 Al PIANIGIANI tornato nel cerchio magico quasi nello stesso momento in cui la sua Siena schiattava. Triste coincidenza, forse avrebbe fatto meglio, una volta risolti (risolti?) i problemi con gli azzurrabili NBA, a fermarsi per il marzo matto delle università americane. Si impara sempre tanto in atmosfere così straordinarie e diverse dalle nostre. Meglio quello che fissare le capre a Chicago. La spesa? Già che c’era.
0 A MENETTI, BONICIOLLI e POZZECCO perché ci fanno venire il nervoso. Il primo perché non cambia Taylor e ci dice che da allenatori saremmo stati ‘na chiavica, il secondo perché ci dice che non facciamo niente per ripotare a casa un grande ora semifinalista con l’Astana fra i baltici, il terzo perché ci dimostra che ad essere troppo rigidi nel giudicare la gente poi si rischia di prendere in mano un lascito di vacca e non vedere un diamante sulla strada.
Oscar Eleni, lunedì 25 marzo 2013