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Cinema

Il robot selvaggio

Stefano Olivari 25/11/2024

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Negli ultimi anni abbiamo visto più film di animazione che in tutto il resto della nostra vita, infanzia compresa, messo insieme, e fra quelli recenti dobbiamo dire che Il robot selvaggio è quello che più ci ha commosso. Non stiamo dicendo niente di originale o di nicchia perché il film di Chris Sanders, uscito nei cinema italiani il 10 ottobre. è un clamoroso successo ovunque: mentre stiamo scrivendo queste righe ha già incassato in tutto il mondo circa 317 milioni di dollari, a fronte di 78 di spese di produzione. Ennesimo successo Dreamworks, con grandi probabilità di diventare uno dei franchise della casa di produzione fondata da Spielberg insieme ai vari Shrek, Kung Fu Panda, Madagascar e Trolls. Ma questo secondo noi competenti, perché ognuno dei film citati siamo stati costretti a vederlo almeno una decina di volte, ha qualcosa in più al punto che ci sentiamo di consigliarlo a prescindere dalla presenza di bambini. Diremmo lo stesso di altri capolavori recenti come i Minions, Sing e Inside Out, che però non ci hanno commosso. Intendiamo proprio con le lacrime.

Il robot selvaggio parte da una tempesta che fa perdere a una nave il suo carico di robot umanoidi, fra cui il ROZZUM 7134 che è l’unico a non sfasciarsi contro le rocce dell’ìsola in cui si troverà a vivere. Insieme a varie specie animali diffidenti oppure ostili, che lo deridono e lo aggrediscono per il suo aspetto strano e per la sua ancor più strana personalità: l’unico essere vivente che non sia egoista, che vive per migliorare la vita degli altri adattandosi alle varie esigenze. Infatti è un robot… Che riesce ad avere un rapporto soltanto con la concreta volpe Fink e con un pulcino di oca che per via dell’imprinting lo identifica come madre (Roz in realtà ci sembra asessuato o asessuata) e che cresce come figlio di un robot, quindi del tutti inadatto a interagire con gli altri animali, fosse anche soltanto per difendersi.

Le parti dell’educazione di Beccolustro, questo il nome dell’ochetta, sono davvero emozionanti, così come il modo in cui Roz si guadagna il rispetto degli altri animali e inizia a elaborare forme di attaccamento, quando non addirittura emozioni. Tutto si complica quando Beccolustro diventa grande e fa le cose che fanno le altre oche, ma soprattutto quando la Universal Dynamics, l’azienda che ha prodotto il ROZZUM, lo localizza e manda altri robot a riprenderselo. Non spoileriamo il finale, ma possiamo dire che come emozioni siamo tornati in zona E.T. Questo nonostante gli ingredienti dei film di animazione, cosa che non era E.T., siano sempre gli stessi: la diversità, l’amicizia, un mondo difficile che sta là fuori ad aspettarci. Ingredienti che possono produrre bambini woke come bambini non woke, va detto. In ogni caso ci piace ridere, ma ci fa sentire vivi anche piangere: Il Robot selvaggio tocca le corde giuste, non soltanto a noi.

stefano@indiscreto.net

 

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