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Basket

La comprensione di Scariolo

Oscar Eleni 08/12/2012

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Oscar Eleni dal teatro della Luna, proprio dietro il Forum di Assago che regge la prima nevicata ma non il furore del lituani con birra e capelli al vento, dei tifosi milanesi perduti dietro al sogno della società che c’era e i ricchi non hanno mai più voluto, il campo che è diventato l’inferno dell’Emporio Armani, perché le battute del Vizietto interpretato da Iacchetti e Columbro sembrano lacrime di verità, insieme a risate di felicità, così distanti dalla recita ormai consueta nel sottoscala del palazzo da dove Giorgio Armani se ne è andato scuotendo la testa, ma non prima di aver stretto la mano ai suoi mercenari del cesto che lo stanno facendo irritare, dove Proli ha sfidato i fischiatori insultatori, dove Scariolo è andato oltre la possibilità di essere compreso, ma certo se vai con tanti zoppi, prima o poi, ti metti a zoppicare e la cosa tremenda è che certe cose le avresti dovute imparare da giovane e non da anziano con occhiali dalla montatura pesante.

Dopo il dolcetto-scherzetto di Istanbul, dove l’Efes ha rimesso in gioco il Baskonia di Tabak, un sapore più o meno simile a quello del regalo Armani alla squadra di Vitoria, una settimana prima, ci aspettavamo l’Olimpia d’assalto. Veniva da una settimana, più o meno, di processi e ritiro “punitivo”, si poteva rientrare in albergo a mezzanotte e le nostre cenerentole avevano tutte perso la scarpetta rossa visto che sul campo, dopo la strombazzata campagna sul ritorno al rosso antico, vedi gente con colori mai in sintonia, un po’ come il gioco. Certo che l’Armani si è battuta nella partita che non poteva perdere, ma davanti aveva una squadra senza troppe motivazioni, con Lavrinovic nella parte dell’ex giocatore, più che dell’ex protagonista del campionato italiano, con Kaukenas che si è spento presto, Jaaber che dimostrava come fosse logico dare a lui il foglio di via, molto più di quello dato al ragazzo Leon Radosevic, misteriosamente spedito in Lituania alla fine di una stagione dove aveva fatto registrare progressi che potevano anche inorgoglire lo staff tecnico che non sembra tenere per le briglie giuste più Gentile del Melli testa quadra che capisce subito se fa troiadas variadas e allora si batte per raccattare tutto il buono del sottoscala, uno che non potrebbe certo fare peggio di Hendrix e del povero Chiotti che due sberle le darebbe sempre, ma spesso la panchina degli occhiali spenti se ne dimentica.

Teatro della Luna per farci spiegare dallo Iachetti più divertente cosa vorrà mai dire Scariolo quando parla di partite dominate (?) ma perse in volata con Vitoria, Sassari e Kaunas, di impegno, ma di tensione, di recupero mentale di giocatori che nei finali sfuggono quasi sempre al gioco. Adesso capiamo la grande amicizia fra lo Stramaccioni cresciuto nella Bologna dove Fortitudo e Virtus erano anima del grande gioco, e l’avvocato Scariolo. Cara gente usate pure il bastone e lasciate le carote al custode, come dice re Giorgio, ma prima fatevi anche qualche esamino di coscienza perché l’Armani che non ha vocazione difensiva, se li scegli, i giocatori, saprai anche cosa mangiano, gioca davvero male e se non ci prende da 3 va nel caos, perde palloni in quantità industriale. Allenamenti segreti, “duro lavoro” da presentare ai pochi fedelissimi, ma se fosse vero tutto questo allora il Langford migliore in campo che ha passato la settimana del cattivo ritiro quasi fermo, per problemi muscolari, medici magici come nel caso Melli dice il professor Billi che aspetta il biondo, ma ci sarà?, ogni tanto ha male al ginocchio, ci dice che non è il lavoro sul campo a migliorare le prestazioni, basta fingere di stare attenti come quella civetta regalata al posto di un pappagallo nella barzelletta dove la pittura nascondeva la natura e il padrone del finto animale ringraziava chi gli aveva portato dal Brasile il prezioso regalo: non parla, ma sta attento. Battuta che detta in genovese rende anche di più.

Milano e l’Europa quasi perduta perché anche vincendo ad Atene, dove non sono mai teneri con chi pensa di essere più ricco, più bravo, con avversari che ispirano conti sempre aperti, non è detto che i baschi si facciano togliere il cappello sulla sedia della seconda fase da Zagabria. Ora dicono che serve una vittoria per guarire e state sicuri che se dovesse andare bene a Pesaro, come scritto, perché trovano l’avversaria più in crisi del reame, allora li sentiremo danzare felici sui tavoli come dopo le vittorie con Montegranaro e Cremona perché a certa gente manca sempre il senso delle proporzioni: schiacciano una formica e ti dicono che hanno colpito il rinoceronte in mezzo agli occhi col proiettile che fa parabola intorno al corno protettivo. Come l’anno scorso, la vittoria su Siena ha deformato la realtà. Milano al rogo e mai fra le righe perché non esiste voce che possa farsi ascoltare, l’autorevolezza di chi sa bene le cose e sta parlando con competenza, abile ad accorgersi se c’è ammutinamento in una squadra di sciuri che se ne fotte se Armani dice di voler fare i conti alla fine e li monda dall’europeccato dicendo che conta tanto lo scudetto per far cadere la muraglia senese, perché, al massimo a farsela sotto sono i tifosi che pure pregano ogni volta che lui rinuncia al mare, alla neve, per guardare i rasgazzi dell’Emporio che sembrano cinafrusaglie.

Per Cantù onore e gloria, oltre alle orecchie del Real Madrid. Pensare adesso cosa avrebbero potuto fare al completo, con una settimana di riposo in più dopo la qualificazione europea, fa venire il nervoso più di quando si deve ascoltare un politico a caso che ti parla del nuovo palazzo del Cantuki, più delle giustificazioni trovate sempre dal buonismo degli ex allenatori dell’Olimpia che ora ci deliziano dalla televisione. La domanda da farsi è sempre la stessa: sette incassi in più avrebbero giustificato il sacrificio economico per avere un giocatore nuovo? Forse no, anche perché nell’emergenza il nostro Buazzelli si è accorto di avere in panchina un diciannovenne mai utilizzato, che, magari, ha fondamentali rozzi, tira male, ma ha energia e se ti prende 7 rimbalzi contro il Real allora vuol dire che ci si può lavorare sopra, e allora Abass grida abbasso al conformismo che fa dire a Mario Boni cose sbagliate come dimostra la storia del ragazzo comasco di origini africane e cioè che non tutti fanno giocare volentieri i D’Ercole, i De Nicolao, i Datome, ehi non c’è gente senza l’iniziale di da proporre?, sì che esiste, basta andare a cercare urla Polonara dopo aver letto con orgoglio l’intervista di Edo Bulgheroni che è davvero legato al basket e se ne impippa del babbo golfista, anche se bene che il Toto smania pure lui per questo Vitucci coraggioso e per i nuovi Roosters.

Cantù uscirà a testa alta dopo aver fatto passare notti infernali al Pianigiani che l’ha torturata tante volte. Al completo avrebbe anche potuto far tremare questo Fenerbahce con la febbre alta che non sembra gradire il ringhio del lupo senese, così potrà soltanto far aumentare il tasso velenoso del sangue in una stagione che sembra togliere più che aggiungere al nostro orgoglio italiota: Scariolo stava bene con una nazionale, molta palabras, tanto incenso e tempo libero; Messina stava bene ai Lakers, anche perché adesso, magari, potrebbe dare una mano al Mike D’Antoni che messo davanti alla cartina di tornasole dei risultati sta perdendo sorriso e parentele tecniche perché ai Knicks volano e in California i suoi Lakers le prendono troppo spesso. Su Pianigiani sapete che è in difficoltà gravi se la sua squadra segna 55 punti col Panathinaikos che è devastato dalla crisi, dalle dimissioni dirigenziali e non sembra nemmeno più intenzionato a liberare Fotsis dalla tristezza di Milano e l’Olimpia dalle serate storte di un guerriero che resta inespresso su questi lidi.

Chiudere il discorso pensando a Siena, l’unica che passa alle dolci 16 anche se ha lasciato la vittoria di Chalon nei supplementari perché siamo nella fase delicata del reinserimento di Eze che, al momento, sembra davvero indietro, nei giorni dove Brown sembra combattere la battaglia che, di solito, fa andare in acido i proigetti: lui vorrebbe essere tutto, capogiocatore, direttore d’orchestra, ma poi dimentica spesso lo spartito, forza, si perde altrove e questo sarà il momento più importante nel lavoro del Banchi che ha già conquistato la sicurezza del capo allenatore, dopo anni da prezioso ispiratore, ma si trova al famoso bivio: Siena padrona del suo gioco come espressione di squadra partendo dalla difesa, o Montepaschi omologabile all’utero delle sue avversarie che cercano il messia a colazione per potersene uscire in conferenza stampa dando la colpa a tutto meno che a se stessi.

Chiusura siulla polemica Meneghin– Boni. Il primo difende anche troppo il lavoro del suo consiglio federale, ma fa bene a tenere distante il pensiero debole del solito difensore del giocatore italiano che potrebbe farlo benissimo da solo, sul campo, più quello d’allenamento che dove si giocano le partite, perché le formule, i vincoli anticomunitari, dimostrano che siamo rimasti chiusi nel nostro recinto, strano che a parlare così sia uno che ha dovuto guadagnarsi il pane anche all’estero, combattere con veleni dell’antidoping ancora così pesanti da vietargli un posto nel prossimo consiglio federale secondo gli spulciatori di regolamenti che, come il nostro caro Mario, manderemmo al diavolo, perché Petrucci avrà bisogno di meno due di picche di quanti ne ha tollerati Meneghin nel suo consiglio. Per chiarire come stanno le cose e se non è una questione di grana avere l’italiano nel cuore, nelle radici, dove volete voi quando ci prendete in giro, allora spiegateci il caso Mancinelli, capitano della Nazionale che ha preferito stare a guardare piuttosto che guadagnare di meno. Avrà ragione anche lui, ma la contraddizione esiste perché un posto al Mancio, semi numero uno, lo avrebbero trovato in tanti. Eh già, bravo. Lui capitano azzurro e reduce da stagioni di vertice, a parte quella della retrocessione con la Fortitudo sussurra il mostro da dietro le quinte, doveva adattarsi a prendere meno e a giocare per i miseri play off o addirittura peggio anche se in una stagione con una sola retrocessione il peggio è davvero lontano da chi potrebbe ingaggiare un Mancinelli.

Oscar Eleni, 8 dicembre 2012

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