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La corona di Boy George

Paolo Morati 11/11/2013

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A guardare il video del suo nuovo singolo, The king of everything, ma a dire il vero anche ad ascoltarlo, rispetto alle sue apparizioni di solo qualche anno fa si farebbe fatica a riconoscerlo non fosse per l’espressione dei suoi occhi. Stiamo parlando di Boy George, al secolo George Alan O’Dowd, tornato di recente sulle scene con una nuova produzione inclusa nell’album This is what I do e un aspetto più vicino a quello dell’epoca d’oro (lui stesso a maggio rivelò i termini del suo  cambiamento).

L’ex voce dei Culture Club cerca quindi il rilancio, a decenni dai fasti di grandi canzoni come Karma Chameleon, Do you really want to hurt me? e Victims (trent’anni fa, come siamo vecchi…) e ancora The War Song, Love si love e God thank you woman, e qualche album solista.

Capaci di avere successo anche negli Stati Uniti, cosa non così scontata per le band britanniche, i Culture Club (al netto di una reunion del 1999) sono inseribili direttamente nella parentesi anni ’80 più prolifica e di qualità mettendo insieme vari generi e dimostrando che c’era una certa stoffa di fondo al di là dell’immagine inevitabilmente catalizzante di Boy George.

Tornando a quest’ultimo, il nuovo singolo suona molto bene e sembra ben posizionato per farsi sentire parecchio – media volendo – e trascinare una certa attenzione verso l’album che lo ospita. Con lo stesso autore che in fase di presentazione ha così parlato del progetto: “Stavo ascoltando cose come ‘Beast Of Burden’ degli Stones e avevo la testa decisamente negli anni ’70”. Da ascoltare.

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