Atletica
Larry Brown alla Juventus?
Oscar Eleni 23/07/2018
Oscar Eleni dalle acque profonde delle Bahamas, andando negli abissi per abbracciare Alessia Zecchini che ruba un record mondiale fra i sub alla gloria giapponese. Giornata speciale per la compagnia italiana dei piagnoni. Una domenica del genere non la ricorda quasi nessuno. Colpa del sole, dice qualcuno. È lui, quel carro di fuoco, a far nascere lampi che bruciano ogni luogo comune. Sarà per questo che il mondo calciocentrico di un paese pallonaro che non era neppure presente al Mondiale, illudendosi di essere rimpianto, come tanti beceri da fumogeno visti pure al Tour, che la gente piangesse la grave perdita e, addirittura considerasse di poco valore la manifestazione russa che, invece, ha avuto tanti record, con festa televisiva Mediaset mentre in Rai si preparavano alla grande purga che avverrà nel solito girotondo dove tutto cambia per non cambiare niente come dicevano ai tempi del Gattopardo aspettando l’Italia che non è mai arrivata.
Sole di luglio, lampi d’estate per un Paese che resta comunque terzo mondo in fatto di educazione fisica e, probabilmente, anche mentale guardando cosa ci succede intorno. La domenica azzurra che non ha scalfito le certezze di tre dei quattro giornali “sportivi” del piccolo pianeta Italia. Soltanto il golfista Molinari ha trovato spazio sulle prime pagine di fianco ai sussulti milanisti per la cacciata dei cinesi e il sogno Higuain. Per la saltatrice in alto Elena Vallortigara, ammessa a Londra nel circolo magico delle donne che superano i 2 metri, la prima fu Sara Simeoni per la storia nostra e la gloria sua, per la spadista Navarria, pure lei mamma turbo come Serenona Williams che davanti a San Marco si è confusa, campionessa del mondo a 33 anni, spazi recintati, con filo d’oro, si capisce, mentre nel tennis chi ama Fognini o Cecchinato annuncia la nuova alba dalla Svezia e da Umago, accarezzando il talento del primo, anche quando sclera, considerando magico il salto del secondo dal numero 107 del mondo al 19 di ieri sera.
Giornata per evitare attacchi alla gestione dello sport italiano, un carro dove vorrebbero salire in tanti perché c’è biada, c’è potere, c’è di tutto. Malagò si gode i giochi dei suoi ragazzi all’Aniene dove anche la Pellegrini salta e scivola, oltre a nuotare da regina, ma, soprattutto, se la gode adesso che è sicuro di entrare nel circolo magico del CIO dal 9 ottobre perché il presidente Bach lo ha scelto.
Domenica delle palme, meglio dei palmi delle mani che si uniscono per applaudire questa Italia che scopre persino di avere un grande golfista e calciatori baby, la Under 19, capaci di andare in una semifinale europea: dicono che sia una cosa importante. Certo i settori giovanili indicano il grado d’inquinamento di un mare sportivo. Se l’acqua resta pulita si vede tutto fino in fondo ed è giusto che il calcio si goda un po’ di ristoro dopo la tempesta del non Mondiale, adesso che tutti si sentono più importanti perché è arrivato Cristiano Ronaldo dimostrando che prima, quando dicevano che eravamo comunque tenutari di un calcio di grande qualità, mentivamo sapendo di farlo.
Juventus e Olimpia Milano le più scudettate di calcio e basket, società con affinità elettive che potrebbero anche diventare davvero nemiche se in casa bianconera, come si dice, oltre alle magliette per giocare a basket decidessero che è ora di tornare alla grande polisportiva sognata da Agnelli, gestita da Boniperti, prendendo un posto privilegiato nella società cestistica che intanto si sposta al Pala Vela, che passerà le acque alle antiche terme di Bormio, dove il nume tutelare resta sempre il fantasma del balivo Pini, un posto privilegiato per la pallacanestro, la sacra Valtellina che farà benissimo anche al guru Larry Brown, l’omone calamita per tanti talenti americani che hanno accettato di vedere l’effetto che fa un tiro da tre sotto la Mole.
Peccato che alla grande festa non possa partecipare tutto il basket anche se le ragazzine hanno iniziato bene il loro viaggio in un mondo dove tutto si muove e il Crespi ha ottenuto persino la settimana azzurra a Treviso dove di solito nascono grandi progetti. Dicevamo del basket non sorridente ed è quello della Under 20 che dopo un discreto girone di qualificazione le ha sempre prese: buttati fuori dalla solita Croazia, spinti più indietro dalla solita Turchia, annichiliti e schiacciati all’ottavo posto da una Spagna molto più deludente del solito dove, come è successo pure nel calcio, si staranno domandando se le nuove strade non portino al baratro. Sarà per questo, dice qualcuno, che Toronto le ha rapito don Sergio Scariolo, l’avvocato bresciano baciato, anche troppo, dalle vestali del basket che lo hanno fatto diventare prima genio precoce e poi allenatore di caratura superiore nel circolo magico del baloncesto spagnolo. La stessa Spagna che lo aveva rilanciato dopo il bagno nel rancido del basket nazionale a Milano quando i suoi droni sbattevano sul tetto della vecchia secondaria al Palalido, il palazzo storico devastato da troppe aziende fallite e che, forse, verrà riconsegnato alla città per il prossimo Natale, nella speranza che nessuno si faccia venire in mente di poterlo utilizzare fra gli impianti per la candidatura dell’Olimpiade invernale. Scariolo dopo Messina. Due ragazzi prodigio che hanno avuto storie parallele. Ora speriamo che don Sergio viva più sul campo che per le vie di Toronto dove, si dice, la criminalità è superiore a quasi tutte le città cattive del Nord America.
Ma torniamo agli Under 20 del nostro basket che in Germania ci è capitato di vedere attraverso il canale FIBA. Non l’avessimo mai fatto. Era la partita con la Croazia, persa subito, ribaltata con arte, quasi vinta e poi ripersa perché la nostra scuola cestistica adesso arriva ad illuminare, al massimo, il tre contro tre. Giocare in cinque è diverso, molto più difficile, magari meno spettacolare, come dicono gli sbrodolanti della setta NBA, ma è stato questo a fregarci contro la Croazia, che non era molto meglio, a parte, come al solito, come hanno scoperto quelli che non credevano alla squadra di calcio finalista mondiale, la struttura fisica, ma nei tiri salvavita hanno avuto qualcosa di più, persino un colpaccio da tre usando la tabella da 8 metri. Insomma niente da segnalare adesso che i soliti noti, poveri sognatori ai quali brindiamo sempre pur sapendoli sconfitti, vengono chiamati alla presentazione del campionato di pallavolo e scoprono che quelli là, dove, non per caso, fa un buonissimo lavoro il Righi “rubato” al basket, sono davvero avanti, sanno guardare oltre il quotidiano della sacra corona dei finti illuminati dove te la spiegano quelli che fanno i campetti per ragazzi e piazzano i canestri a 3.20. Tre e zero cinque sembra troppo canonico, una schifezza. Ma questo è il basket degli sbrodoloni che trova ispirazione fra gente che veste uguale, ma in tasca ha monete diverse. Siamo ai soliti 16 giocatori dell’Olimpia negli stessi giorni in cui Pesaro non riesce a tesserare nessuno, neppure fra italiani da serie B. La pallavolo che sa come reclutare dove il basket ha perduto il suo fascino. Nel prossimo campionato di serie A del volley ci saranno in campo 80 giocatori superiori ai 2 metri, molti sono italiani. Vi dice niente?
Comunque sia ci inquieta non tanto veder perdere la under 20 ma questo ronzio fastidioso sul futuro. Dall’osservatorio Pea, il più illuminato dal sole anche quando c’è tempesta, arriva un falco pellegrino che porta il messaggio temuto: salteranno teste di allenatori. Era già avvenuto con il guru pugliese di Trento, il Maurizio Buscaglia che in poche settimane doveva fare quello che un allenatore vero come lui può costruire, giornalmente, in un anno. Ora sembra che il Dalmasson neo promosso con Trieste sia vicino alla defenestrazione. Da noi prevale questa idea del mago, anche se i giocatori cono stati allenati e resi deboli per quello che si vede da altri finti maghetti. La cosa non ci sorprende, ma sembra che nella purga debba finire, per misteriosi motivi, anche Gregor Fucka. Ora lasciando perdere il rispetto che si dovrebbe ad un campione come Gregor (nel basket, come in tanti altri giochi nostrani, passata la festa gabbato lo santo), ci viene il dubbio che Robin Hood Tanjevic sia il vero obiettivo di chi è ancora convinto che sarà Danilo Gallinari, il benefattore di campi per la gioventù, la stessa con cui divide i conti in pizzeria, a salvare la patria cestistica nelle uniche due partite che potrà giocare entrando nelle finestre della demenziale guerra FIBA-ULEB dove usano il tam tam per non capirsi, perché il telefono abbrevia troppo. Boscia aveva proposto Dalmasson e Fucka. Non sembra un caso, ma cosa c’entra Gregor in questa faida? Sacchetti farebbe bene a chiarire subito che lui non ha mai chiesto la testa degli uomini proposti dall’uomo che conosce bene tutte le mascherine del teatro di azzurropoli, lo stesso che dopo il trionfo a Parigi, l’Olimpiade rubata dai pettegoli e da giocatori persi dentro il loro io spigoloso, la fatal Turchia, chiesero la sua testa. La ebbero e Recalcati può dire di aver ereditato un bene a cui lui ha aggiunto il suo saper stare al mondo e in panchina, oltre al Pozzecco silurato nelle vigile importanti dello scudetto Fortitudo, dell’oro europeo. Ora ci risiamo. Peccato.