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Milan Games Week 2014, viaggio dal presente all’Intellivision

Stefano Olivari 27/10/2014

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La Milan Games Week 2014 ha avuto fra il pubblico una percentuale di donne inferiore anche a quelle dei lettori di Indiscreto e del consiglio direttivo dell’Isis, ma non per questo l’abbiamo trascurata. Infatti ben due inviati di Indiscreto, noi e Alvaro Delmo, hanno frequentato il cuore della manifestazione evitando il più possibile le presentazioni ‘pettinate’ per giornalisti o presunti tali. Unica piccola concessione al giornalismo di denuncia è stata una breve puntata in sala stampa, per ingozzarsi di patatine e settare tutti i computer su Indiscreto.

Venendo alla manifestazione che ha attirato videogiocatori da mezza Italia, bisogna prima di tutto dire che il successo di pubblico è stato clamoroso: non si riusciva letteralmente a camminare, fra ragazzi assatanati e (pochi) genitori dalla faccia afflitta. Merito-colpa dei tanti tornei, che si sono svolti in un contesto ambientale e sonoro davvero da stadio, più che delle varie situazioni da Cosplay, che come al solito ci hanno lasciato freddi: alla centesima maschera di Darth Vader e alla duecentesima spada laser la tentazione di mollare il colpo è stata grande. Poi però ci siamo sempre ributtati nella folla, cercando di entrare negli affollatissimi stand di Asus, Sony, Activision (ecco, il nuovo Call of Duty l’avremmo visto volentieri), Nintendo, Warner Bros, eccetera.

Nel 2014, nonostante il web e tutto il resto, una fiera-evento ha ancora un senso come aggregazione anche se non più come informazione. I tanti nerd non proprio di primo pelo che abbiamo visto non cercavano l’ultima novità, di cui erano già perfettamente a conoscenza, ma un semplice ritrovarsi fra simili. È sociologia un tanto al metro, ma vedendo centinaia di ragazzi seduti per terra che dopo tre ore di battaglia si ingozzavano con la ‘schisceta’ preparata dalla mamma (anche cose elaborate, tipo farfalle con la panna) certe riflessioni sono obbligatorie. Il ragazzo timido e sovrappeso che gioca da solo nella sua cameretta sicuramente esiste nella realtà, ma spesso è uno stereotipo usato dagli adulti (gente che non sostituisce il videogioco con Proust, ma al massimo con il ‘Ci aspettano 10 finali’ della Gazzetta sul bancone Sammontana) per colpevolizzare ragazzi che non sono stati capaci di educare.

Come videogiocatori siamo relativamente indietro (usiamo la PS3, quasi soltanto per giochi sportivi e per sparatutto, non abbiamo intenzione di cambiarla), con tendenza all’indietrissimo. Per questo siamo finiti, non per caso, nell’area retrogaming dove abbiamo potuto ri-toccare con mano realtà che ancora teniamo in casa funzionanti, come l’Intellivision e il Commodore 64, altre che abbiamo scelleratamente dato via (Sega Megadrive) e moltissime soltanto sfiorate a casa di amici: dall’Atari all’Amiga, dal Vectrex al NeoGeo, fino al ColecoVision e al più raro Creativision. Pochissimi gli adulti in zona, moltissimi i bambini alla caccia di divertimento senza la necessità di un corso speciale per conoscere tutti i trick dei giochi. Notevole il torneo di Sensible Soccer rigorosamente giocato su Amiga collegati a televisori CRT. Con Alvaro e un espositore di Pistoia si è discusso appassionatamente dell’ArtigianCab (www.artigiancab.it), che praticamente replica chassis e pulsantiere dei giochi da bar, previo collegamento con il mitico Mame o comunque con qualcuno degli emulatori presenti sul web. Diciamo che se avessimo i soldi L’ArtigianCab (la versione ‘monumento’ costa sui 1.200 euro) sarebbe il primo mobile di casa nostra. Interessante anche una bacheca con cimeli e pezzi rari tra i quali un home computer MSX Turbo-R.

Alla fine ce ne siamo andati via confusi e felici, come spesso accade come quando non c’è alcuna utilità o sbocco professionale nelle cose che facciamo. Liberati dal ‘da cosa nasce cosa’, uno dei principali tumori del mondo adulto, ci si sente subito meglio. A 12 come a 47 anni.

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