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Un museo per i trasporti

Paolo Morati 24/06/2014

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Una delle letture che più ci appassionavano da ragazzini era il volume Meccanica e mezzi di trasporto della Enciclopedia italiana delle Scienze. Ingegneri meccanici o tranvieri mancati, oggi manteniamo comunque la passione per un tema affascinante e che trova una straordinaria esposizione nel Museo Europeo dei Trasporti, a Ranco (Varese), fondato da Francesco Ogliari (scomparso nel 2009) uno dei massimi esperti del tema in Italia. Il quale ci dà il benvenuto all’ingresso in questo modo: L’approccio del cittadino alla cultura dovrebbe essere un sacro diritto che non può discriminare economicamente. L’opera è frutto del mio amore più che quarantennale al mondo dei trasporti, e l’amore di una vita può solo avere un riscontro morale. Dunque ingresso gratuito per un percorso suddiviso in più sezioni/ricostruzioni, partendo dal tempo del cavallo che ci immerge in un’epoca fatta di carrozze provenienti da diversi Paesi (la francese charette, l’americana student buggy, la belga phaeton, e l’inglese brougham. Fino alla fondazione della milanese Società Anonima degli Omnibus, i tram a cavalli e all’arrivo del tempo del vapore.

Ecco quindi i primi treni, con diverse locomotive, vagoni, gru di servizio, e il leggendario tram Gamba de Legn, del quale abbiamo solo sentito parlare dagli anziani della famiglia, prima che arrivasse il tempo dell’elettricità. In questo contesto abbiamo iniziato a sentirci vecchi dopo aver incrociato le vetture  a carrelli, i locomotori elettrici dei treni che da bambini ci sembravano più mastodontici di quello che effettivamente erano, e l’incredibile ricostruzione di una stazione della Metropolitana Milanese, con tanto di discesa dalle scale mobili, tornelli tondeggianti e vettura ferma in banchina. E quindi binari, passaggi a livello, scambi, semafori e biglietterie. Per poi arrivare al tempo del motore, tra schiacciasassi, autocarri, trattori, filobus e autobus (anche in questo caso vetture arancioni che ci ricordiamo bene da piccoli), mentre una Trabant di colore celeste  troneggia nei pressi dell’esposizione. Straordinaria poi la sezione La scalata al cielo con funicolari e funivie di vario tipo e tecnologie, provenienti dal Nord (la funicolare a contrappeso d’acqua di Saint Vincent) così come dal Sud Italia (funivia Monte Faito).

Da visitare a lungo e più volte per coglierne gli estremi dettagli delle ambientazioni e del materiale presentato, il Museo Ogliari non è solo macchine e ingranaggi, ma anche dettagli e accessori: dai biglietti alle divise indossate dai manichini (con i quai ci siamo ritrovati magicamente a colloquiare per comprare un biglietto), dai motori ai suoni, alle officine meccaniche fino alle miniere, è un continuo susseguirsi di cimeli, ambienti (la stazione, il bar, l’ufficio postale…), e saliscendi di ricordi. Con la chicca finale di un enorme plastico a rappresentazione della Città Ideale di Leonardo Da Vinci. Insomma il genio e l’attenzione di un posto che consigliamo di visitare, magari in occasione di una gita al Lago Maggiore, per ripercorrere un paio di secoli di trasporti in un ambiente senza tempo.

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