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Nadal e Djokovic, gli ultimi giovani
Simone Basso 12/05/2015
In principio fu lo Zander Hollander. Quando portavamo i pantaloni corti, e vedere una partita NBA o NCAA era un’esperienza mistica, ci si abbeverava alla fonte (cartacea) di un almanacco che descriveva – in poche righe – pregi e difetti dei pro d’oltreoceano. Erano commenti tranchant, ironici, che riportavano lo sport, un gioco, alla sua funzione ludica, divertente. Per scherzo, ma non troppo, vorremmo stilare una lista provvisoria degli under 23 più futuribili del circo ATP. Un’impresa insidiosa, considerando l’evoluzione del tennis contemporaneo: il logorio della vita moderna (lo chassis psicofisico richiesto, le luxilon, i costi e le logistiche del circuito..) ha complicato enormemente i giudizi.
Non basta più nascere McEnroe, Rios o Federer, si deve lavorare sulla quantità in maniera ossessiva. Difatti, ultimi mohicani del vecchio mondo Nadal e Djokovic, la pubertà e l’adolescenza del campione si sono prolungate ben oltre i vent’anni. Un Boris Becker, che vinse Wimbledon minorenne (1985), è oggi impensabile. Allora scegliamo il limite aleatorio dei ventitre anni – alla stregua del ciclismo, perchè il tennis è il gioco che più si è spostato verso lo sport di performance – per stilare un elenco di nomi, una sporca dozzina o giù di lì. Elaborata sul nostro personalissimo cartellino: non ci bastano dunque il TuTubo o uno spezzone di partita per snocciolare giudizi (comunque sommari) sui giocatori. Quindi non chiedeteci pareri sul Quinzi di turno; l’ultima volta che l’abbiamo visto era a Wimbledon, nella finale junior. Tre punti fermi emergono dall’analisi. Il nomadismo dei protagonisti, le Federazioni ricche attraggono i talenti in erba facendo leva sull’aspetto economico e organizzativo, la maleducazione dei frugoloni (che sembrano ormai – linguaggio del corpo e comportamenti – calciatori…) e l’altezza media, roba da pallavolisti o cestisti. Un pennellone degli Ottanta, l’Ivan Lendl della situazione, nel 2015 parrebbe una taglia media.
Hyeon CHUNG (numero 88 della classifica, nato il 19/5/1996) – Colpi fluidi, frustate che paiono addirittura eseguite in decontrazione, visione del campo e piedi veloci. Possiede, nella racchetta, ritmo e variazioni dello stesso: se aggiunge peso alla seconda diventerà forte forte. Già adesso, esteticamente, è uno dei due del gruppo (l’altro è Thiem) più belli da vedere…
Borna CORIC (numero 53 della classifica, nato il 14/11/1996) – In quanto a cabeza è il più convincente di tutti, un modo di stare in campo che ne fa un piccolo Nole/Rafa. Gran incontrista, gambe super nella corsa e nei cambi di direzione, “cattivo” e con la mentalità giusta. Dovrà migliorare l’esecuzione, raccapricciante per impugnatura, del diritto.
Nick KYRGIOS (numero 35 della classifica, nato il 27/4/1995) – Ha appena realizzato, battendo Sua Maestà Federer nell’inguardabile scatolame di Madrid, il back to back di vernici vincenti contro i poster della sua cameretta (l’altro colpo fu a Wimbledon, opposto a Nadal). Spaventosa la naturalezza (e la violenza) del servizio e del diritto, misure e doti fisiche da off guard dell’Nba. È speciale – fero e piuma – e, purtroppo, lo capisce pure lui: tamarro, abbonda nei soliloqui e negli atteggiamenti da ribelle senza causa. Giocando così sul filo, sull’uno-due e sulle emozioni, potrebbe non trovare mai la continuità necessaria. Il potenziale è, comunque, da ras.
Thanasi KOKKINAKIS (numero 103 della classifica, nato il 10/4/1996) – Gemello diverso di Nick Sparalesto, dotato di un serve and forehand devastante, che fa i buchi nel cemento. Ha il fuoco dentro, l’ardore, dell’agonista ma è abbastanza indietro dal punto di vista atletico, fragilino malgrado il metro e novantasei, e il resto – le variazioni richieste – è ancora latitante.
Lucas POUILLE (numero 92 della classifica, nato il 23/2/1994) – Corpaccione, l’ennesimo del drappello, una sorpresa (relativa) per gli stessi francesi. Testa (pochi fronzoli, voglia di lavorare) e uno stile – quantitativo – che si dovrebbe adattare di più all’hard court e alla terba: margini di miglioramento quasi sconosciuti.
Andrey RUBLEV (numero 266 della classifica, nato il 20/10/1997) – Due anni fa si aggiudicò il Trofeo Bonfiglio, a Milano, battendo lo Zverev anch’egli qui presente. Pestifero, vanta un tocco sulla palla poco comune di questi tempi (e per la sua generazione) e un turborovescio (bimane) che farà tante vittime. Odora di predestinato e ci stupirebbe non vederlo, tra un po’, almeno nei Primi Dieci: il tennis – ahinoi – è diabolico. Manco la mamma di Gastòn Gaudio sosterrebbe che il suo pargolo fosse più forte di Nalbandian: però il figlio uno Slam in saccoccia ce l’ha, il buon David no.
Diego Sebastian SCHWARTZMAN (numero 57 della classifica, nato il 16/8/1992) – A proposito di argentini, questo trottolino amoroso (con Damir Dzhumur) rappresenta un’eccezione alla regola degli spilungoni. Piccoli Ferrer crescono: regolarista che si nutre della velocità dei colpi altrui, notevole nei turni di risposta, cazzimma e dinamismo sopperiscono alla mancanza di potenza.
Jack SOCK (numero 37 della classifica, nato il 24/9/1992) – Muscolare che sta progredendo, emblematico quasi quanto Ryan Harrison (una delusione) del power tennis – all’osso – di una scuola americana in crisi. Battuta di livello, diritto monstre (una specie di Roddick) non circondato da tanto altro. Ogni tanto impazzisce e regala parziali gratis agli avversari: nel 2015, Freud sarebbe per lui un eccellente allenatore.
Dominic THIEM (numero 44 della classifica, nato il 3/9/1993) – Braccio d’oro, evidenziato da un servizio piatto, a mulinello (che dovrà sporcare per appesantirlo un po’). Rovescio classico meraviglioso, che ci ricorda quello del grande Tommy Haas; in generale la sua velocità d’esecuzione del gesto fa presagire un mammasantissima in divenire. Il dna è quello, il prossimo passo sarà l’accontentarsi (?) di un tennis percentuale, migliorando il senso tattico delle contese.
Bernard TOMIC (numero 26 della classifica, nato il 21/10/1992) – Epitome del talento gettato nel vespasiano, eppure bello alto nel ranking e solo ventiduenne. Semplicità irreale nei fondamentali, trova angoli e soluzioni, con inquietante nonchalance, che ne rivelano l’estro. Principale colpevole dell’eterna transizione Atp: a Wimbledon 2011, nei quarti, impacchettò per un set e mezzo Djokovic, nascondendogli la palla e ci (si) illuse. Il resto, del possibile antiNole, è conosciuto: un padre orco, la posse che lo circonda e il motto “Potrei ma non voglio”. Quest’anno sembra abbia (più) voglia: ha perso anni vivacchiando, senza migliorare la fase difensiva (traduzione: gli spostamenti laterali). Chissà se è ancora in tempo…
Jiri VESELY (numero 36 della classifica, nato il 10/7/1993) – Dall’ex Cecoslovacchia, serbatoio di talenti, con furore. Bel servizio mancino, rovescio bimane velenoso, se è sul pezzo ha le armi per svettare contro chiunque. Difatti spegne e accende la centralina, colpa forse di leve lunghe che dovrà sveltire per migliorare la fase passive del suo tennis orizzontale.
Alexander ZVEREV (numero 110, nato il 20/4/1997) – Malgrado il grugno, pare ancora un bambino. Tosto, privo di vere lacune tecniche, al netto dell’immaturità fisica e la poca esperienza.
Battuta notevole, varia, precoce anche nell’interpretazione del momento: ha classe, tira fuori il meglio quando più occorre. Un segnale incoraggiante.
Gli asterischi, doverosi, sono innumerevoli. Vorremmo vedere il caliente Kozlov, un macedone col passaporto americano (ah, la patria!), lo strombazzato Edmund, l’etiope di Svezia Ymer, Donaldson, etc. I campioncini di domani sovente si perdono, vittime inconsapevoli della Sindrome di Richard (Gasquet) che li mina nel momentum, quando passerebbe il treno giusto. Noi poi talvolta ci innamoriamo (sic) dei soggetti sbagliati: abbiamo aspettato invano un Kuznetsov, figuratevi questi teenager con il Gorilla del Crodino sulle spalle. Allora, per chiudere in gloria la menata, rammentiamo una massima (immortale in quanto amorale) di Betty Stove: “There is no love in tennis. Only 40-love.”
Simone Basso, in esclusiva per Indiscreto