Basket
Ritorno al cortile
Oscar Eleni 15/12/2012
Oscar Eleni dall’antro della Sibilla Demofilica nella terra di Cuma, ai campi Flegrei, dove un giorno ci tenne lezione Arnaldo Taurisano, allenatore che contava, anche se Pozzecco la pensa diversamente, l’uomo che trovava funghi preziosi in ogni castagneto, ma anche giocatori di qualità nel borgo mitico di Aldo Allievi, del Lello Morbelli, quando nel Cantuki si faceva storia e i giocatori pensavano, senza inciucchirsi dietro all’Ipad di ultima generazione. Perché andare ancora a trovare la Sibilla ? Prima di tutto per riposare vicino ai resti della villa di Tarquinio il Superbo che ci ricorda quasi tutto di questa era cestistica, perché se li senti parlare, se li guardi mentre fingono di lavorare per una causa comune che è sempre soltanto la loro, allora capisci anche perché una squadra pagata così tanto può uscire “senza fare drammi” come dice l’avvocato Scariolo aramanizzato dall’eurolega convinta di aver avuto un girone difficile perché a buttarla fuori sono stati i resti del Vitoria, fra questa squadra e quelle storiche l’abisso, le sembianze dell’Efes, neppure parente delle edizioni antiche, i campioni in carica dell’Olympiakos che, ammetterete, non hanno molto più di Milano, il Kaunas che deve portarsi dietro la vecchiaia di grandi come Lavrinovic e Kaukenas.Niente di che, considerando che il Cedevita non è proprio parente di nesssuna delle squadre croate, ma, per la verità, è tutto il basket slavo che esce di scena senza lasciare tracce, salvo i prestiti fatti al resto della Vecchia Europa.
Dalla Sibilla per lamentarsi delle previsioni di qualche mese fa: eravamo certi della qualificazione di Siena e poi, per averla, quante pene, fino ai finali persi nei supplementari che, purtroppo dicono a Banchi e Minucci che il “novo miracolo senese” costerà altre lacrime, perché di Eze non v’è certezza, perché Brown fa e disfa andando oltre la cinta, il sistema, il modo di vivere mensanino, un tipo dalla personalità forte a cui vanno dietro in troppi nei momenti di guerra senza prigionieri, convinto di predicare in una terra dove ci sono stati apostoli migliori di lui della via americana al basket per la squadra. Ora servirà altro lavoro, ma con 14 partite in più saranno più i viaggi e gli impegni agonistici delle ore di riflessione in palestra, così necessarie quando si ricostruisce. Comunque grazie Siena per aver salvato la faccia a spicchi del basket nazionale che nella settimana ha visto ridiscendere le valli orogogliosamente affrontate all’inizio da tre nostre squadre, soltanto tre perché, lo sapete, la crisi, il provincialismo, tengono lontano le società dalle sfide oltre i confini, alla faccia del progresso per i giocatori anche italioti (Lega e Federazione potevano intervenire. Bah. Forse. Ma ci vorrebbero idee) che giocando sempre nel cortile di casa restano poi delle mezze figure, salvo casi rarissimi.
E’ andata per la tangente, perdendo in casa la partita decisiva, Sassari e dovevamo capirlo appena il Meo Sacchetti si è guadagnato un paginone in rosa, nei giorni del lamento di D’Antoni che ogni tanto vince, nei giorni in cui Bargnani sparla di Toronto e allora i Raptors sorridono per una partita conquistata contro Dallas una, senza di lui, ovviamente. Per Sassari era importante affacciarsi al mondo fuori dall’isola. Ha fatto grandi cose, ma poteva ottenere qualcosa di più. Pazienza.
Su Cantù proprio la Sibilla, anche in onore del Tau che ogni tanto la visitava quando, dopo 14 anni canturini, la vita al Pavoniano e l’albero del basket cresciuto per tutti, era andato per due anni ad allenare Napoli prima dell’addio con Pavia, ci aveva assicurato che se avesse superato la qualificazione e la sbornia conseguente forse avrebbe potuto farcela. Brava Demofila, è vero che ha sfiorato la più grande delle imprese e senza infortuni gravi, forse, ce l’avrebbe fatta. Cantù è entrata a testa alta nell’Eurolega, è uscita camminando bella dritta, anche ammettendo i suoi peccati, mostrando limiti fisici che il campionato potrebbe non smascherare con la stessa crudeltà e allora addio Europa, Italia eccoci.
Su Milano niente da dire perché se si assolvono loro, se la gente che qui ci fa le pulci, non fastidiose come quel tipo spiaggiato dal destino di mente coatta, costretto sempre a ricordare una sua presenza insignificante, eponimo di maestrini che lo hanno educato ad odiare chi pensava con la propria testa, ad essere protagonisti persino nei coccodrilli dove celebravano loro stessi, altri non avrebbero mai e potranno mai farlo, piuttosto che il caro estinto, se tutti sono pronti a dire che, poverini i ragazzi dell’Emporio non hanno neppure avuto fortuna perché a Vitoria non c’erano loro, ma la maga Circe, perché l’Olympiakos morbido dell’ultima partita, perduta al solito assalto finale perché non è sempre cuccagna come a Pesaro, non era certo quello che fece venire i crampi allo stomaco di troppa gente nei corridoi del Forum. Esperienza. Si costruisce, cade un muro, avanti con la calce. Basta che sia d’oro. Ragionano così. Sono vittime della pressione, della critica, ah ah ah, eh Campanuccio questi non sanno niente dell’età dove oro era oro nel triangolo lombardo dove tutto nasceva, nelle campagne per battere Roma, Bologna bifronte, grandissima, superba, troppo superba, prima che Treviso indicasse l’arte della vittoria e dello sport come mezzo culturale di progresso per una città, una regione, un movimento.
Ci è piaciuto il Melli di Atene, ci ha lasciato senza fiato l’Ale Gentile che ha smesso di fare rodomonte e ora usa la muleta, peccato che abbia un deficit dovuto alla poca voglia di abbassare quei glutei principeschi, ma non si può avere tutto: miscelando Melli e Gentile avremmo il giocatore nuovo che potrebbe servire alla Nazionale, ma questi ragazzi hanno altre idee dicono in casa loro, negli uffici che ne curano immagine e pannolini. Milano che spende e spande, che cambierà per avere la squadra giusta quando farà caldo, magari già a febbraio, perché arriverà bella fresca, salvo altri rovesci e furiose reazioni nella casa d’arte di re Giorgio dove non tutti sono convinti che il patrimonio affidato sia nelle mani giuste, mentre Siena si dannerà con altre 14 partite che potrebbero diventare 19 se riuscisse a mettersi dietro le spalle Besiktas, si può, Khimki si potrebbe, Vittoria, si deve, Fenerbahce senza per questo volere la rovina di Pianigiani povero e caro principe che ha portato ad Istanbul figurine sfinite e senza fame con le conseguenze del caso.
Vedremo. Ci si saluta fermandosi soltanto un attimo sull’elettrizzante intervista del Poz a SportWeek. Ma quando il nostro mattocchio non crea tumulto, non fa perdere la testa a compagni, avversari, persino ad uno calmo come Ario Costa che per fermarlo è andato oltre il vaso? In questa confessioine che precede il libro dei suoi primi quarant’anni, ad un certo punto, mentre ci fa sapere che il direttore d’orchestra non conta, ma vale la musica e contano di più i musicisti, con tanti saluti ai maestri Toscanini, Abbado e Brenboim, tanto per stare sul lirico, quindi che l’allenatore deve soltanto volere bene e farsi volere bene, dare gioia, che se è frustrato perché vorrebbe far fare ai suoi uomini quello che non è mai sato capace di fare sul campo, caro Pianigiani, caro Messina, caro Scariolo ?, siete serviti dal renzismo che avanza, lui lo avrebbe preferito a Bersani, ma lui apprezza Monti e Berlusconi alla stessa maniera, eh sì, allora sarà un casino.
Giusto? Mah. C’è però un passaggio misterioso che potrebbe chiarire soltanto il Poz che bacia e abbraccia tutti quelli che non vedono l’ora di stringerlo al petto: “Sappiate che tutti gli scherzi e le cazzate che andrete a fare, io li ho già fatti. Tutti gli alibi e le scuse che inventerete per giustificarvi con me, sono stati inventati da me”. Quasi vero. E allora? La balla gioiosa porta ad allenamenti costruttivi? O forse il grande Meo che gli ha detto la santa verità su passione e rapporto bello con i giocatori, pazienza se uno ti frega, ha concordato sul fatto che l’allenamento è solo gioco, se manca quello tutti a casa? Un quesito per il prossimo corso allenatori a Bormio da dove il Poz è già passato insieme al Gregorio Fucka di cui non abbiamo più tracce, con grande tristezza. Relatore Gianmarco trotamundo, re di Formentera e del mare a spicchi.
Oscar Eleni, sabato 15 dicembre 2012