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Vuoti a perdere

Siena come i Beatles

Oscar Eleni 18/06/2012

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Oscar Eleni dal teatro degli Astrusi di Montalcino, cacciato dalla gotta e dalla trombette usate maleficamente anche dagli anziani senesi, incuriosito dalla presenza, proprio al tempo delle finali storiche della palla in cesto sulla piazza del campo, di Paul McCartney, il sovrano assoluto del pop, l’ultimo grande Beatles parlante, per farci spiegare come i Fab Four da molto famosi diventarono universalmente noti e perché si separarono in viaggio verso la luna. Siamo andati lassù dove i senesi veri, nel 1555, fondarono la Repubblica di Siena libera in attesa di poter tornare in città perché non vorremmo che  anche la squadra di basket, già molto famosa nel basket italiano, ora universalmente nota nello sport nazionale per questo record di sei scudetti consecutivi, facesse come i Beatles separandosi nel volo verso l’inifinito, togliendoci il gusto di spiegare ai re di denari, che girano affannnati alla ricerca di una vittoria, un segreto che ha fatto di questa Mens Sana sezione basket qualcosa di speciale.

Merito dell’architetto Ferdinando Minucci, solido come il marmo della sua Chiusdino, stramerito del generale Sun Tzu Pianigiani nato nella contrada della Lupa. Perché? Semplice. Hanno capito che la grandezza non s’insegna e non s’acquisisce, come dicevano i cumenda del “s’el custa”, come pensano questi geniali amministratori delegati senza un vissuto dove il sudore e le lacrime anticipano tutto il resto, perché questa grandezza è l’espressione dello spirito di una squadra. Siena lo è stata, sempre. Anche nella stagione dove l’architetto ha sbagliato squadra. Milano quasi mai, soprattutto nell’anno in cui pensava di potersela vedere faccia a faccia per aver inventato quello che sapevano e sanno tutti nel tempo: quando un gruppo ha lo spirito delle Termopili, in partita e in allenamento, allora sembra che tutti menino come fabbri e che gli arbitri non arrivino mai a capire chi ha tirato l’ultimo schiaffo. Era un modo per farsi sentire a palazzo, dicono gli amici degli amici, quelli che sanno sticazzi, un modo banale per andare in battaglia perché era sul campo che volevamo vedere questo coraggio. Se la dittatura teneva nel gulag il fiore Armani perché non farlo sapere a tutti  in diretta televisiva? Dentro con la faccia fino all’olocausto. Lasciarci la giacchetta per arrivare più in alto.

Eh sì. Il rancido degli arbitraggi lo hanno sofferto tutti perché Scariolo sa benissimo che per arrivare a Siena ha calpestato Venezia in mille modi e poi, con Pesaro, in gara uno a Milano, è uscito indenne perché questi direttori di gara della vecchia Ausonia sono tutti come il geniale Facchini che guardando le finali degli altri, Grecia, Spagna, ha potuto uscire dalla sua stanza nell’albergo che porta a Montalbuccio gridando forte: “Siamo davvero i migliori e ve ne faremo vedere delle belle”. Ci sono riusciti. Sempre. Dalla prima giornata e c’è ancora chi piange.

Siamo nella repubblica dei sensi perduti se il presidente di Lega consegna soltanto la coppa dei campioni, mentre le medaglie ai campioni le consegnava il suo associato e creatore della meraviglia di Fontebranda, il Ferdinando che quando entrò nel basket sapeva di pubblicità, sapeva della natura degli uomini che poi ha plasmato a sua immagine e somiglianza tutti, dall’eccellente ufficio stampa all’ultimo dei magazzinieri. Era la verità svelata ai telespettatori di un’Italia baskettara che nelle ultime due partite di semifinale è stata costretta, soprattutto prima di gara quattro, a maledire quei bravi ragazzi della pallavolo che si sarebbero indignati davvero se il loro Vu day fosse arrivato in coda ad una partita di World League affrontata con la squadra B e a una finale di beach volley fra Svizzera e Germania. Niente di male. Tutto chiaro, chiarissimo. Come le facce dei protagonisti nella corsa verso il vello d’oro: sulla torre senese il Minucci teso, violino Stradivari pronto a scattare al primo segnale, pronto a ricominciare anche con meno soldi, pronto a far capire che le idee servono più dei dobloni; sul Duomo milanese vedevi quasi sorridente la squadra di esploratori mandata da re Giorgio a vedere se davvero i pigmei restano pigmei anche sui monti e se le   piramidi sono piramidi anche nelle valli.

Certo che è così e lo impararanno nelle prossime stagioni quelli che non avranno la gotta, quelli che non saranno confinati al Rincosur come dice il lettore fisso, sarà l’unico a far infuriare i pochi estimatori (?) di questa rubrica quando pensa che trattiamo troppo male i  guerrieri non sempre fieri della sua Olimpia che per quattro finali scudetto ha speso davvero tanto rimanendo senza tituli di qualsiasi genere,  umilata dall’Europa che ora la rivuole, ci mancherebbe, considerando che l’eurolega ha bisogno di campi dove non tutto è calore, gelo e rumore oltre l’inquinamento e le regole, battuta più volte sul campo anche se non umiliata come ai tempi del povero Bucchi che ora fa bene a ricordarci del pentimento del Livio Proli che con una sola dichiarazione ha sistemato il bolognese promosso con Brindisi e il Peterson che, per la gola, per presunzione sapendo di non avere più credibilità per far sputare sangue nella zona del Lido diventata sede balneare a scapito del patrimonio Liberty della vera società, gli salvò le natiche dorate nel momento in cui fare basket a Milano, anche coi soldi, era diventato inferno.

Certe parole volano. Se non hai riconoscenza, prima o poi, la freccia torna verso il tuo lato B. Non serve avere cavalieri serventi nelle grandi testate. Il popolo sente a pelle se hai la personalità per far capire a professionisti, ben diversi di quelli che trovi in una azienda, che sai dove perdono le loro partite prima di giocarle. Siena e la sua grande anima. Milano e la sua grande presunzione non sostenuta da quelle che nel gergo si chiamano sfere d’amianto. Il Monte da rifondare, dopo aver scoperto di aver fatto una squadra sbagliata, si è rifugiato sulla difesa e  sul genio. L’Armani proiettata in un domani senza tanti avversari se una semifinalista come Pesaro liquida il suo allenatore dicendo di non potersi permettere l’ingaggio, anche pensando ad una scusa resta la verità spiegata da Scavolini cento volte alla città, senza barriere, a parte Venezia e  Cantù, al momento, con il mistero senese da risolvere in pochi giorni, questa Olimpia avrà anche un orizzonte davanti, ma, come diceva quel tale nel film Boris, l’orizzonte si sposta ogni volta che fai un metro avanti e potresti non arrivare mai dove vuoi.

Finalmente, finalmente, urla dal Bosforo chi conosce  uomini, fatica, battaglia, dignità nella sconfitta, il Boscia pronto a salire verso Bormio tradita dalla Nazionale. Cosa vorrà dire quel finalmente? Secondo lui la crisi senese aprirà  davvero i cancelli del paradiso per Milano che, intanto, pensa al futuro trattando Hackett e Venard Richard Hendrix, il due metri dell’Alabama che arriva dal Maccabi. Vedremo anche questo. Il Minucci più pericoloso è quello che odia, che arriva a tutto e a tutti e che sa inventare.

Pagelle delle finaliste aspettando che entri in scena la Nazionale dove si comincia con la stessa tensione del campionato perché  Scariolo e Pianigiani che non si danno la mano rappresentano la sfida fra guelfi e ghibellini del basket dal giorno in cui don Sergio consigliò  a Melli di prendersi una vacanza rinunciando a fare lo sparring per la Nazionale A,  da questi mesi sul rancido dove i permalosi a confronto usavano amici “giornalisti” comuni per far sapere all’altro quanto era grande il disprezzo (“Hai vinto perché  avevi i migliori, hai vinto perché avevi i soldi e l’apparato ai piedi….”), dalle ultime settimane dove Scariolo giura di non aver influenzato Alessandro Gentile che il professor Porcellini di Forlì vorrebbe operare alla spalla facendogli saltare l’estate azzurra. Certo nella sosta sarà bene anche rivedere la meccanica di tiro del figlio di Nando perché senza parabola si va poco lontano, anche non parlando soltanto di televisori.

SIENA  10 per il record storico, non per le trombette fuori legge, come i tamburi e i cori beceri ovunque, sia chiaro. Cari giudici che multate società minori per 4 gatti urlanti e graziate i grandi club per paura di…

SOCIETA’ 10 per aver nascosto bene il disagio interiore.

PIANIGIANI  9 Ha fatto il meglio nella sua straordinaria cavalcata perché questa volta non aveva davvero la squadra più forte e l’Europa ha peggiorato le condizioni di un fegato messo già a dura prova da chi non ama l’arredamento minimal, di chi si arrabbia se soltanto lo paragoni a Dio, figurarsi a San Pietro. Peccato se va all’estero, peccato se avrà una Nazionale ancora debole, ma gli farà tutto molto bene e se volesse star fermo pensando solo all’Italia tanto meglio direbbe il Petrucci in arrivo.

MINUCCI 8 Grande architetto per la salvezza della contrada di tutti. Ha sbagliato con Summers. Ha sbagliato con Rakocevic. Ha sbagliato da solo? AH SAPERLO. Ma a lui fa comodo che la gente pensi così.

STONEROOK E MC CALEBB 10 Sono la summa della senesità vincente. Genio nei riccioli, stupore nei muscoli di seta. Se vanno via tutti e due avremo una Siena troppo diversa per riconoscerla.

ZIZIS 9 Non sempre al top, ma quando serviva è stato super top: testa e talento.

ANDERSEN 7 In attacco sublime, almeno fino alla crisi finale. In difesa dubbio. A rimbalzo un palo della luce. Certo lui c’era al primo e al settimo scudetto. Non è un caso.

CARRARETTO 7 IL vero pretoriano per Siena e per Azzurra.

THORNTHON 7.5 Sembrava un altro acquisto sbagliato, ma nel sistema  di Sun Tzu Pi ha ritrovato orgoglio e gambe.

LAVRINOVIC 8 Ha  riscoperto la salute per il record, non per l’Europa. Peccato.

KAUKENAS 7  IL fisico non ha retto quello che voleva la mente.

RESS 6.5 Un cavaliere sarmata per la gloria senese.

MICHELORI 6 Maledetta fascite.

LECHTHALER 5 Fa venire dubbi sul rapporto giovani-sistema senese.

ARADORI 6.5 Ci ha messo un po’ per capire che il giocatore da squadra campione non pensa soltanto a tirare.

MOSS 7.5 Prima parte stagione strepitosa, finale  con troppi guai.

STAFF TECNICO 9 Cominciando da Banchi, passando da Baioni, Magro, Danesi e Forconi, l’elogio della repubblica delle idee e del lavoro sul campo.

MILANO 7 Arrivare in finale almeno nel campionato era il minimo richiesto. Dignitoso epilogo. Folla solo per le finali non basta. Cercare di farsi capire.

SOCIETA’ 7 I colori sulle tribune delle finali sono l’unico ricordo in un matrimonio difficile dove tutti parlano lingue diverse perché in troppi hanno origini  sportive, se ci sono, diverse.

SCARIOLO 6 Ci aspettavamo di più dal don Sergio bicampeon europeo, dall’allenatore trotamundos che aveva fatto  quasi sempre bene in Spagna. Qui ha vissuto la sindrome dell’appagamento nascondendosi dietro il bersaglio, spiegando che lui era lì per misurare la distanza, non per colpirlo. Sbagliato. Come le rotazioni di uomini non dello stesso valore per crisi ipoglicemiche tremende.

GIACHETTI 5.5 Ha fatto quello che poteva, poco, ma  si sapeva.

MANCINELLI 6.5 I soliti alti e bassi, quel volare da un fiore all’altro.

HAIRSTON 7 Perché ci ha fatto vedere grandi cose, ma anche momenti di estraniazione dalla lotta. Talentone a cui serve più cuore.

FOTSIS 5 Alzi la mano chi ricorda nell’Antonis milanese quello che infiammava il Pireo. Stoico alla fine e anche buon difensore. Poco.

COOK 5.5 LO chiamano Amleto, come già avevamo fatto con tanti predecessori in regia. Non un vero pilota da gran premio, solo da prove libere.

ROCCA 9 Come Stonerook è l’essenza dell’essere Olimpia. Certo la tecnica e il fisico non lo hanno aiutato.

BOUROUSIS 5.5 Per colpa sua ha iniziato quasi tutte le partite e non ne ha finita una. Nelle partite scudetto, le ultime, è stato trattato e proposto come meritava e si è visto che forse la confusione non era soltanto nella sua testa di operaio specializzato che non ama difendere.

MELLI 7 Ci è piaciuto per la rabbia, per quello che ha dentro. Non certo per i fondamentali d’attacco e per l’idea che si difende con le braccia.

BREMER 6 Partenza super, arrivo da accelerato.

GENTILE 6.5  Il ragazzo con il broncio che nasconde timidezza e per questo carica a testa bassa. Anche per lui revisione dei fondamentali per avere un grandissimo giocatore e se qualcuno gli parla della NBA adesso lo mandi a farsi fottere.

RADOSEVIC 6 Grandi mezzi, materiale grezzo, ma orgoglio che si può  sfruttare.

STAFF TECNICO 6.5 dal Frates poco visto al Fioretti molto attivo, dal Rossini che sa stare al suo posto al Massimo Annoni con l’anima del giocatore di football difficile da trasmettere a chi usa piumino e cipria.

Oscar Eleni, 18 giugno 2012

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