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TAP o no TAP?

Indiscreto 30/10/2018

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Nessuno in questo momento è in grado di dire se il Gasdotto Trans Adriatico, per tutti TAP, alla fine si concluderà. Gli stessi Cinquestelle, pur culturalmente contro le grandi opere, sono spaccati fra ala governativa alla Di Maio e ala movimentista. Appare però certo che l’esito finale della vicenda non influirà soltanto sul futuro di Melendugno, il comune dove termineranno gli 870 chilometri di percorso del gas della zona del Mar Caspio iniziato a  Kipoi, in Grecia, e che dopo avere oltrepassato l’Albania arriverebbe quindi in provincia di Lecce. Il progetto ha avuto mille tappe, dal 2003 ad oggi, e un primo punto di non ritorno, quello del 13 febbraio 2013, con la firma dell’accordo fra Italia (c’era ancora il governo Monti), Grecia e Albania. Il secondo, per quel poco che arriva qui al bar, ci sembra la non applicabilità della direttiva Seveso (che permetterebbe in teoria di bloccare qualsiasi opera a rischio ambientale) stabilita nel 2016 dalla Procura.

Il consorzio TAP ha sede in Svizzera e ha un azionariato internazionale: l’italiana Snam (20%), l’inglese BP (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagas (16%), l’azera SOCAR e la svizzera Axpo (5%). Per farla brevissima, la materia del contendere non è unitaria ma in una prospettiva No TAP può essere sintetizzata in alcune aree: 1) Il punto di approdo che secondo i No TAP metterebbe in pericolo la sicurezza nei pressi della spiaggia di San Foca a causa della relativamente poca (10 metri) profondità del gasdotto; 2) I lavori ulteriori che andranno fatti per collegare il TAP alla rete italiana, quindi a Brindisi; 3) L’inutilità dell’opera, a prescindere, in rapporto al fabbisogno di gas italiano ed europeo; 4) L’impatto ambientale delle opere collaterali; 5) Le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata; 6) La politica delle grandi opere in quanto tale. Per come la vediamo noi, come al solito non siamo neutrali, quasi tutte prese di posizione fra il nimby e il pretestuoso, in una zona che non è il paradiso terrestre descritto da alcuni amministratori locali invasati.

La polemica fra Di Maio e Calenda, davvero tutta italiana (il dibattito era sul significato di ‘penale’), ha avuto almeno il merito di far riflettere su un punto: comunque vada a finire, la TAP avrà un impatto economico enorme sull’Italia e non solo su Melendugno o su qualche ulivo. Magari non i 35 miliardi di risarcimenti ipotizzati da Conte, ma forse non tanto lontano. E quindi, anche alla luce della recente presa di posizione di Torino contro la TAV, il ‘Di qua o di là’ riguarda tutti gli italiani, essendo evidente che non si tratta di una polemica fra ingegneri sul diametro dei tubi ma fra due modi di interpretare il mondo: TAP o no TAP?

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